lunedì 26 dicembre 2011

Il Sutra del Cuore

Il Sutra del Cuore della Grande Saggezza che-va-oltre.
Il Bodhisattva Avalokita,
immerso nella profonda Saggezza che-va-oltre,
vide la natura vuota dei cinque aggregati,
superando così ogni dolore.
- O Shariputra, la forma non è diversa dal vuoto,
il vuoto non è diverso dalla forma.
La forma è vuoto, il vuoto è forma.
Così anche per sensazioni, percezioni, tendenze e coscienze.
- O Shariputra, tutti i fenomeni sono per natura vuoti:
mai nati né estinti; mai impuri né puri;
mai crescenti né decrescenti.
Perciò, nel vuoto, non ci sono
forma, sensazione, percezione, tendenza, coscienza;
né occhio, orecchio, naso, lingua, corpo, mente;
né colore, suono, odore, sapore, contatto, idea.
Non c'è regno visivo, e così via fino alla coscienza mentale.
Non c'è ignoranza, né la sua fine e così via
fino alla vecchiaia e morte, né la loro fine.
Non c'è sofferenza, né causa, né estinzione, né Sentiero.
Non c'è conoscenza, né ottenimento.
Poiché nulla vi è da ottenere,
il bodhisattva saldo nella Saggezza che-va-oltre,
vive con la mente libera da ostacoli.
Senza ostacoli non ha timore,
abbandona per sempre le illusioni ed entra nel nirvana.
Vivendo nella Saggezza che-va-oltre, tutti i Buddha dei tre tempi
realizzano la suprema, perfetta illuminazione.
- Sappi, quindi, che la Saggezza che-va-oltre
è il sublime mantra, grande mantra luminoso,
mantra supremo, mantra incomparabile,
capace di dissolvere ogni sofferenza.
E' vero, senza errori.
Recita, perciò, il mantra della Saggezza che-va-oltre,
il mantra che dice:
GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA.
GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA.
GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA.

Il picco degli Avvoltoi, Rajgir (India).


 
 

lunedì 14 novembre 2011

CHOGYAL NAMKHAI NORBU

   Chögyal Namkhai Norbu nasce a Derghe, nel Tibet orientale, nel 1938. Da bambino viene riconosciuto come reincarnazione del grande Maestro di Dzogchen Adzom Drugpa (1842-1924) e successivamente, dal sedicesimo Karmapa, come la reincarnazione di Shabdrung Ngawang Namgyal (1594-1651), primo Dharmaraja del Bhutan.
   Ancora adolescente completa il rigoroso percorso di studi tradizionale, ricevendo insegnamenti da alcuni dei più grandi maestri dell’epoca. Nel 1955 incontra Changchub Dorje (1826-1961), il suo principale maestro di Dzogchen, il cui stile di vita e modo di insegnare lo ispireranno profondamente.
   Nel 1960, in seguito al deterioramento della situazione sociale e politica in Tibet, si trasferisce in Italia accettando l’invito del Prof. Giuseppe Tucci, noto orientalista, e contribuendo così a dare un impulso concreto alla diffusione della cultura tibetana in Occidente. Nei primi anni sessanta lavora all’Ismeo (Istituto per il Medio e l’Estremo Oriente) a Roma, e in seguito, dal 1962 al 1992, insegna lingua e letteratura tibetana e mongola all’Istituto Universitario Orientale di Napoli. I suoi lavori accademici denotano una profonda conoscenza della civiltà tibetana, e una tenace volontà di mantenere vivo e facilmente accessibile lo straordinario patrimonio culturale del Tibet.
   Alla metà degli anni settanta, dopo avere insegnato per alcuni anni Yantra Yoga a Napoli, Chögyal Namkhai Norbu incomincia a dare insegnamenti Dzogchen, incontrando un crescente interesse dapprima in Italia e poi in tutto l’Occidente. Nel 1981 fonda la prima sede della Comunità Dzogchen ad Arcidosso, in Toscana. Nel corso degli anni migliaia di persone diventano membri della Comunità Dzogchen in tutto il mondo. Sorgono centri negli Stati Uniti, in varie parti d’Europa, in America Latina, in Russia e in Australia.
   Nel 1988 Chögyal Namkhai Norbu fonda ASIA (Associazione per la Solidarietà Internazionale in Asia), un’organizzazione non governativa impegnata soprattutto in progetti educativi e medico-sanitari rivolti alla popolazione tibetana.
   Nel 1989 Chögyal Namkhai Norbu fonda l’Istituto Shang Shung con il compito di salvaguardare la cultura tibetana promuovendone la conoscenza e la diffusione.
   Ancora oggi Chögyal Namkhai Norbu viaggia costantemente in tutto il mondo tenendo conferenze e ritiri cui partecipano migliaia di persone.

domenica 13 novembre 2011

KYABJE KALU RINPOCE

   Lama Vajradhara Kalu Rinpoche nacque nella provincia del Kham, Tibet orientale, nell’anno 1904. La Sua venuta al mondo fu accompagnata da segni meravigliosi di buon auspicio, come fiocchi di neve a forma di fiori che si depositarono sul tetto della casa e un arcobaleno che circondò la stessa. Sua madre e i presenti testimoniarono che, per nulla intimorito, si guardò attorno, radioso e sorridente, e pronunciò il mantra delle sei sillabe, OM MANI PEME HUNG, e diverse parole sulla propagazione degli insegnamenti Kagyupa.
   Fu riconosciuto come un’emanazione di Jamgön Kontrül Lodrö Taye (1813-1899), il principale artefice del movimento non settario di apertura tra le differenti scuole Buddhiste tibetane.
Rinpoche iniziò all’età di circa sette anni lo studio della dottrina tradizionale e ricevette a dodici anni, al grande monastero di Pelpung, l’ordinazione monastica dall’undicesimo Situpa, Pema Wangchuk Gyalpo (1886-1952), che gli conferì il nome di Karma Ranjung Künkhyab. Proseguì gli studi e conseguì giovanissimo il titolo di dottore in Scienze tradizionali (Khenpo).
   Presso lo stesso monastero iniziò, sedicenne, il tradizionale ritiro di tre anni e tre mesi sotto la guida di Lama Norbu Tönkün Druppa. In seguito ricevette insegnamenti e iniziazioni da altri numerosi Maestri, tra cui S. S. il XIV Dalai Lama (1935), S. S. il XVI Gyalwa Karmapa (1924-1981) e Dudjom Rinpoche (1904-1987). Dopo vari pellegrinaggi nei luoghi sacri del Tibet, a partire dai venticinque anni, Rinpoche trascorse dodici anni in ritiro solitario, in grotte e altri luoghi isolati.
   Successivamente, su richiesta del Suo Lama Radice, diresse i ritiri di tre anni a Pelpung, un'attività che esercitò per molti anni, formando un gran numero di discepoli. Nel 1955, S. S. il XVI Gyalwa Karmapa lo invitò a recarsi in India e in Bhutan per preparare l’esodo dei Buddhisti dal Tibet in seguito all’occupazione cinese. In Buthan accettò l'invito di diventare abate di un grande monastero oltre che cappellano della famiglia reale.
   A Sonada, presso Darjeeling in India, fondò nel 1962 un Centro di ritiri e vi stabilì la Sua sede. Lì, intorno al 1968, lo incontrarono i primi occidentali che sarebbero diventati i suoi discepoli. Come patriarca della tradizione "shangpa", divenne uno dei maestri spirituali più stimati da tutte le tradizioni tibetane, famoso soprattutto per la sua realizzazione e per l'insegnamento degli yoga spirituali e delle pratiche più elevate, il mahamudra e lo dzogchen.
   Dal 1971 fino alla Sua morte (10 maggio 1989), ha compiuto molti viaggi in Europa, America ed Asia, facendo dono dei Suoi preziosi insegnamenti e dando iniziazioni e benedizioni a moltissime persone. Ha fondato oltre settanta Centri di Dharma in tutto il mondo, tra i quali, nel 1980 a Pinerolo, il Centro Milarepa, nuovamente visitato da Rinpoche nel febbraio 1983 e nel dicembre 1984.
   Grazie alle Sue complete realizzazioni spirituali e spinto dal Suo immutabile voto di guidare gli esseri verso la definitiva liberazione dalla sofferenza, Lama Ranjung Künkhyab Kalu Rinpoche si manifesta oggi in una nuova esistenza nella persona di Kyabdje Yangsi Kalu Rinpoche. Tulku Yangsi Kalu Rinpoche è nato il 17 settembre 1990 a Sonada, ed è stato riconosciuto come rinascita di Kalu Rinpoche da S. S. il XIV Dalai Lama e da S. E. Tai Situ Rinpoche, e la Sua sovranità spirituale è stata ufficialmente celebrata nel Suo monastero di Sonada il 28 febbraio 1993, alla presenza dei Maestri di tutte le scuole di Buddhismo e dei Lama rappresentanti i Centri di Dharma asiatici e occidentali da Lui fondati nella vita precedente.


VAJRACARYA LAMA DENYS TENDRUP

   Nato a Parigi nel 1949. Ha studiato in diversi istituti pubblici e privati per poi intraprendere gli studi di medicina e, parallelamente, di filosofia e psicologia. Scopre il pensiero tradizionale dell’Oriente e nella sua ricerca di un insegnamento autentico durante un viaggio in India nel 1968 incontra Sua Santità Kyabdje Kalu Rinpoce (1904-1989), uno dei più grandi maestri contemporanei del buddhismo mahayana e vajrayana. Al suo seguito, inizia la sua formazione nel dharma e diventa suo discepolo. Al suo ritorno a Parigi inizia a studiare il tibetano alla Scuola nazionale di lingue orientali.
   Poco dopo incontra in Scozia il Vidyadhara Chogyam Trungpa Rinpoce (1940 – 1987), celebre per la sua capacità di introdurre al dharma con un linguaggio adatto all’Occidente.
Lama Denys stabilisce con Trungpa una profonda connessione spirituale.
   L’anno seguente lascia la Francia e raggiunge Kalu Rinpoce nel suo monastero di Sonada Darjeeling, nei contrafforti dell’Himalaya indiano. Sotto la sua personale direzione, Lama Denys segue per dieci anni una formazione tradizionale teorica e pratica. Fa numerosi ritiri, studia i testi tibetani ed in particolare riceve direttamente da Kalu Rinpoce le direttive speciali per la pratica di mahamudra.
Studia presso la Vishva Bharati University di Santiniketan dove ottiene il diploma di studi indo-tibetani. In uno spirito “Rimé”, di “apertura a tutte le tradizioni”, egli riceve le più importanti iniziazioni, trasmissioni ed istruzioni sia da Kalu Rinpoce, che da S.Santità il Karmapa XVI (1921-1981) e da numerosi tra i più grandi maestri delle diverse scuole tibetane. Divenuto l’interprete personale di Kalu Rinpoce, Lama Denys lo accompagna nei suoi primi viaggi in Occidente e partecipa alla fondazione dei centri di Dharma che cominciano a nascere.
   Nel 1976 completa il primo ritiro tradizionale di tre anni condotto in Occidente. Una volta uscito dal ritiro Kyabje kalu Rinpoce gli affida la direzione di un centro di dharma in un’antica certosa abbandonata in Savoia che, una volta restaurata, diventerà l’Istituto Karma Ling. Inoltre Kalu Rinpoce lo nomina drupon, direttore di ritiro dei tre anni, e nel 1984 lo designa Vajracarya, ovvero “maestro del vajrayana”. Lama Denys viene così investito formalmente del potere di insegnare e di trasmettere il vajrayana, ed in particolare gli insegnamenti del lignaggio Shangpa.
   Divenuto l’erede spirituale di Kyabje Kalu Rinpoce, Denys Rinpoce da trent’anni accompagna numerosi occidentali sul cammino del risveglio. La sua duplice formazione, universitaria in Francia e di lama nella tradizione tibetana, accompagnata da lunghi ritiri ne fanno un insegnante completo. In particolare viene stimato e riconosciuto per la chiarezza dei suoi insegnamenti sull’essenza della via del Buddha esposti in una lingua occidentale ed in termini adatti al mondo moderno.
   Lama Denys è Superiore della Congregazione Dachangrime riconosciuta dallo stato francese e presidente onorario dell’Unione Buddhista Europea. Attraverso il Karma Ling e la sua attività infatigabile a livello internazionale, Lama Denys opera secondo lo spirito Rimé, non settario, per promuovere l’incontro tra Oriente ed Occidente non solo attraverso le varie tradizioni spirituali ma anche le diverse culture e discipline scientifiche, lo spirito di coope razione e l’ecologia. Lama Denys ed il Sangha Rime hanno stretto un legame spirituale particolare con Kundun il Dalai Lama (invitato al karma Ling il 1993 ed il 1997), Gyalwang Karmapa Orgyen Trinlé Dorje (invitato nel 2010), Sua Eminenza Tai Situpa, Jyabje Bokar Rinpoce, il Vajradhara Trungpa Rinpoce, e Chogyal Namkhai Norbu Rinpoce. 


SOGYAL RINPOCHE

Sogyal Rinpoche, maestro tibetano di buddhismo noto in tutto il mondo, è l’autore dell’apprezzatissimo Il Libro tibetano del vivere e del morire.
Nato nel Tibet orientale, nella provincia del Kham, Sogyal Rinpoche è stato riconosciuto da bambino quale incarnazione di Tertön Sogyal Lerab Lingpa (1856-1926), grande maestro e santo famoso per le sue visioni. La formazione tradizionale di Rinpoche, quale lama tibetano, è avvenuta sotto l’attenta supervisione di Jamyang Khyentse Chökyi Lodrö, uno dei più eminenti maestri spirituali del XX secolo, che lo ha cresciuto come un figlio.
Nel 1971 Rinpoche si è recato in Gran Bretagna, dove ha ricevuto una formazione occidentale e ha studiato Religioni comparate all’Università di Cambridge. Ha proseguito i suoi studi sotto molti altri grandi esponenti di tutte le scuole del buddhismo tibetano, in particolare Kyabjé Dudjom Rinpoche e Kyabjé Dilgo Khyentse Rinpoche.
Dopo aver iniziato come traduttore e assistente dei suoi amati maestri, Rinpoche ha incominciato anch’egli a insegnare; ha viaggiato molto, e ha molto osservato la realtà della vita della gente; ha cercato un modo per tradurre gli insegnamenti del buddhismo tibetano rendendoli pertinenti agli uomini e donne del nostro tempo, quale che sia la loro fede, traendone un messaggio universale, senza mai perderne l’autenticità, la purezza e la forza.
Ne è nato un suo stile di insegnamento unico; la vivida dimostrazione della sua capacità di creare un’atmosfera straordinariamente calorosa e di adeguare gli insegnamenti alla vita moderna, è il Libro tibetano del vivere e del morire, un’opera pionieristica di cui sono state stampate più di due milioni di copie in cinquantasei paesi e in trentun lingue.
Sogyal Rinpoche è inoltre fondatore e direttore spirituale di Rigpa, un network internazionale di gruppi e centri buddhisti. Sono ormai più di trent’anni che Rinpoche insegna in Europa, America, Australia e Asia, ove si rivolge a migliaia di persone durante i ritiri e le tournée di insegnamento.
Viene spesso invitato come relatore in importanti congressi, dove interviene su un gran numero di argomenti che vanno da medicina e guarigione al dialogo interreligioso, da pace e nonviolenza al mondo degli affari e della leadership, all’accompagnamento dei morenti e gli hospice.


venerdì 21 ottobre 2011

BOKAR RIMPOCHE

Bokar Rimpoche é nato in Tibet nell'anno del Drago di Ferro e cioè nel 1940. Nato in una famiglia di pastori nomadi, aveva quattro anni quando le indicazioni date da Sua Santità Karmapa XVI lo fecero riconoscere come Tulku, reincarnazione del precedente Bokar Rimpoche. 
Educato in primo tempo presso il monastero fondato dalla sua precedente incarnazione, proseguì i suoi studi a Tsurpu, sede dei Karmapa. Egli , molto giovane, prese in carico la comunità di Bokar, sita nel Tibet superiore e cioè occidentale, non lontano dal monte Kailash. L'invasione cinese lo indusse a scegliere l'esilio, come molti altri, all'età di vent'anni. In India, egli incontrò Kalu Rimpoche, di cui divenne il principale discepolo, chiamato a succedergli a capo del lignaggio Shangpa-Kagyu, uno degli otto grandi lignaggi originari attraverso cui il Buddismo passò dall'India al Tibet. Bokar Rimpoche assolse due volte il tradizionale ritiro di tre anni e tre mesi a Sonada, il monastero indiano di Kalou Rimpoche, non lontano da Darjeeling, celebre per le sue colline coltivate a thé.
Le sue rimarchevoli qualità, hanno fatto sì che in seguito venisse scelto da Kalou Rimpoche per dirigere i centri di ritiro di Sonada, e da Sua Santità Karmapa XVI per dirigere quello di Rumtèk, nuova sede dei Karmapa nel Sikkim, territorio indiano tra il Nepal e il Bhutan. 
Da allora, egli stesso ha fondato recentemente a Mirik, nella medesima regione, un centro di ritiro più specificatamente destinato alla pratica di Kalachakra. Queste cariche lo hanno reso, attualmente, il principale maestro di meditazione della scuola Kagyupa.
Bokar Rimpoche morì improvvisamente il 17 agosto 2004.

Opere dell'autore :
Éditions Claire Lumière

Chènrézi
L'Aube du Mahamoudra
La Journée d’un bouddhiste
La Méditation
La Porte du sens définitif
Le Soutra du cœur
Le Vœu de bodhisattva
Mort et art de mourir dans le bouddhisme tibétain
Prendre refuge
Savoir méditer
Soleils du dharma
Tara
Un coeur sans limites
Vie de Bokar Rimpoché

domenica 9 ottobre 2011

L'ego: Il falso centro

Come prima cosa, si deve comprendere cos’è l’ego.
Un bimbo nasce. Egli viene al mondo senza alcuna cognizione, né coscienza del suo sé. E quando un bimbo nasce la prima cosa di cui diventa consapevole non è se stesso: come prima cosa diventa consapevole dell’altro. E’ naturale, perché gli occhi si aprono verso l’esterno, le mani toccano gli altri, le orecchie ascoltano gli altri, la lingua sente il sapore del cibo e il naso sente gli odori esterni. Tutti questi sensi sono aperti verso l’esterno.
Nascere significa questo.
Nascita significa venire in questo mondo: il mondo di ciò che sta fuori. Per cui, quando nasce un bambino, egli nasce a questo mondo. Apre gli occhi, vede gli altri.
Gli "Altri" significano il tu. Egli dapprima diventa consapevole della madre. Poi, un po’ alla volta, diventa consapevole del suo corpo. Anche questo è l’altro, anche questo appartiene al mondo esterno. Ha fame e sente il suo corpo; il suo bisogno viene soddisfatto, ed egli si dimentica del corpo.
E’ così che un bimbo cresce.
Prima diventa consapevole dell’altro, e poi, a poco a poco, in contrasto con l’altro, diviene consapevole di se stesso.
Tale consapevolezza è una consapevolezza riflessa. Egli non è consapevole di chi lui sia. E’ semplicemente consapevole della madre e di ciò che lei pensa di lui. Se sorride, se gli fa dei complimenti, se gli dice: "Quanto sei bello", se lo abbraccia e lo bacia, il bimbo è soddisfatto di sé.

In questo modo, è nato l’ego.

Attraverso i complimenti, l’amore, le cure, egli si sente bene, sente di essere apprezzato, sente di avere un significato. Nasce un centro.
Ma questo centro è un centro riflesso. Non è il suo vero essere. Egli non sa chi è; sa solo quello che gli altri pensano di lui.
E questo è l’ego: il riflesso, ciò che pensano gli altri. Se nessuno pensa che lui sia utile, se nessuno gli fa i complimenti, se nessuno gli sorride, anche in questo caso nasce un ego: un ego malato, triste, rifiutato, simile a una ferita; un ego che si sente inferiore, indegno. Anche questo è ego. Anche questo è un riflesso.
Dapprima viene la madre, e all’inizio la madre rappresenta tutto il mondo. Poi alla madre si uniscono gli altri, e il mondo continua a crescere .
E più il mondo cresce, più l’ego diventa complesso, perché vi si riflettono le opinioni di molte altre persone.
L’ego è un fenomeno di accumulazione, un sottoprodotto della vita vissuta con gli altri. Se un bambino vive completamente solo, non accadrà che in lui cresca un ego. Ma questo non aiuta affatto. Egli rimarrà come un animale. Questo non vuol dire che arriverà a conoscere il suo autentico sé, per nulla!

Il reale può essere conosciuto solo attraverso il falso, quindi l’ego è necessario. Bisogna passarci attraverso. E’ una disciplina. Il reale può essere conosciuto solo attraverso l’illusione. Non potete conoscere la verità direttamente. Prima dovete conoscere ciò che non è vero. Prima dovete scontrarvi con il falso: questo incontro, vi aiuterà a conoscere la verità. Se conoscete il falso in quanto tale, la verità sorgerà in voi.
L’ego è una necessità; è una necessità sociale, è una conseguenza della società. La società è tutto ciò che vi circonda: non siete voi, ma quello che vi sta intorno.
Tutto, eccetto voi, è la società. E tutti riflettono.
Andrai a scuola e il maestro rifletterà chi sei. Diventerai amico di altri bambini, e gli altri bambini rifletteranno chi sei. Pian piano, tutti quanti aggiungono qualcosa al tuo ego, e tutti cercano di modificarlo, in modo tale che tu non divenga un problema per la società.
Gli altri non si preoccupano di te.
Il loro unico interesse è la società.
La società si preoccupa di se stessa, e così dev’essere.
A loro non importa che tu divenga un conoscitore di te stesso. A loro importa che tu divenga una parte efficiente del meccanismo della società: devi adattarti allo schema.
Quindi, cercano di darti un ego compatibile con la società.

Ti insegnano una morale. La morale comporta il darti un ego compatibile con la società. Se sei immorale, in un modo o nell’altro, sarai sempre un disadattato.
Ecco perché mettiamo i criminali in prigione: non perché abbiano fatto qualcosa di sbagliato; non perché la prigione possa aiutarli a migliorare, anzi... semplicemente, essi non sono compatibili. Sono fonte di problemi. Hanno ego particolari, che la società non approva. Se la società li approvasse, tutto andrebbe bene.
Un uomo ammazza qualcuno: è un assassino.
E lo stesso uomo, in tempo di guerra, uccide migliaia di persone... e diventa un grande eroe. La società non è disturbata da un delitto, però il delitto deve essere commesso negli interessi della società: in questo caso è pienamente accettato. La società non si preoccupa della moralità.
La moralità presuppone semplicemente che tu ti debba adattare alla società.
Se la società è in guerra, la morale cambia.
Se la società è in pace, esiste una morale diversa.
La morale è politica sociale. E’ diplomazia. E ogni bambino deve essere allevato ed educato in maniera tale, da rientrare negli schemi della società: questo è tutto, in quanto alla società interessa avere componenti efficienti.
Alla società non interessa che tu raggiunga la conoscenza di te stesso.
La società crea un ego, perché l’ego può essere controllato e manipolato. Il sé non potrà mai essere né controllato né manipolato. Nessuno ha mai sentito parlare di un società che controlli il sé: non è possibile.

E il bambino ha bisogno di un centro; il bambino è totalmente inconsapevole del suo centro. La società gli dà un centro, e il bambino a poco a poco, si convince che quello sia il suo vero centro: l’ego che gli dà la società.
Un bambino torna a casa: se è risultato il primo della classe, tutta la famiglia è felice. Lo abbracciate e lo baciate, ve lo prendete sulle spalle, lo fate ballare, e gli dite: "Figlio bello! Siamo orgogliosi di te." Gli state dando un ego, un ego sottile
E se il bambino torna a casa deluso, sconfitto, una frana -- non ce l’ha fatta, oppure lo hanno messo nell’ultimo banco -- allora nessuno gli fa complimenti, ed egli si sente rifiutato... la prossima volta ci metterà più impegno, perché il suo centro è stato scosso.

L’ego è sempre agitato, è sempre in cerca di alimento, in cerca di qualcuno che gli faccia delle lodi. E’ per questo motivo che chiedete continuamente attenzione.
Ho sentito raccontare:
Mulla Nasruddin e sua moglie stavano uscendo da un cocktail party, e Mulla disse: "Cara, nessuno ti ha mai detto che sei affascinante, che sei bella, che sei stupenda?"
Sua moglie si sentì salire alle stelle, era felicissima. Rispose: "Mi domando come mai nessuno me l’abbia mai detto."
Nasruddin replicò: "E allora, cosa te lo fa pensare... ?"
Tu prendi dagli altri l’idea di chi sei.
Non è un’esperienza diretta.
Sono gli altri a darti l’idea di chi sei. Essi danno forma al tuo centro. Questo centro è falso, perché porti in te stesso il tuo vero centro.
Nessun altro può metterci voce... non sono affari suoi!
Nessun altro gli può dare una forma... vieni al mondo con quel centro.
Tu sei nato con lui.

Quindi, tu hai due centri. Un centro tuo, che ti è dato dall’esistenza stessa: questo è il sé. E l’altro creato dalla società: questo è l’ego. E’ una cosa falsa... ed è in se stesso un grandissimo stratagemma. Attraverso di esso la società ti controlla: devi comportarti in un certo modo, perché solo in questo caso la società ti apprezza.
Devi camminare in un certo modo; devi ridere in un certo modo; devi assumere un certo comportamento, avere una morale, un codice. Solo così la società ti apprezzerà, e se ciò non accade, il tuo ego ne sarà sconvolto. E quando l’ego viene scosso, tu non sai più dove sei, non sai più chi sei.
Gli altri ti hanno dato quell’idea.
Quell’idea è l’ego.
Cercate di capirlo quanto più profondamente possibile, perché questa è una cosa che si deve gettare via. E a meno che non la gettiate via, non potrete mai raggiungere il sé... perché voi tutti siete dipendenti dal centro: non potete muovervi, e di conseguenza non siete in grado di guardare nella direzione del sé.
E ricordate: ci sarà un periodo di transizione, un intervallo di tempo, durante il quale l’ego sarà fatto a pezzi; voi non saprete più dove siete né chi siete, e tutti i confini si confonderanno.
Sarete confusi, nel caos.
In questo caos, avrete paura di perdere il vostro ego, ma deve essere così. Bisogna passare attraverso il caos per arrivare a toccare il vero centro. Se avrete coraggio, questo periodo sarà breve.
Se invece avete paura e ricadete nell’ego, e ricominciate ancora una volta a organizzarlo, allora ci vorrà moltissimo tempo, forse addirittura intere vite.
Una volta un bambino andò a far visita ai nonni; aveva solo quattro anni. La sera, quando la nonna lo mise a letto, improvvisamente si mise a gridare, a piangere: "Voglio andare a casa, ho paura del buio."
La nonna allora gli disse: "So bene che anche a casa dormi al buio, non ho mai visto la luce accesa, perché allora qui hai paura?"
Il bambino rispose: "E’ vero, ma quello è il mio buio; questo buio qui, invece, non lo conosco."
Anche dell’oscurità si pensa: "Questa è la mia".
All’esterno... un’oscurità sconosciuta. Con l’ego la sensazione è: "Questa è la mia oscurità."
Può anche essere difficoltoso; può creare molte sofferenze, tuttavia si pensa: è mio. Qualcosa da afferrare; qualcosa a cui aggrapparsi; qualcosa sotto i piedi... non siete in un limbo, nel vuoto. Puoi anche essere infelice, ma perlomeno esisti. Persino l’essere sofferente ti dà il senso di "Io sono". Se te ne allontani, arriva la paura; inizi a temere l’oscurità che non conosci e il caos... perché la società è riuscita a far luce solo su una piccola parte del tuo essere.

E’ come entrare in una foresta: fai un po’ di pulizia, liberi un piccolo spazio, lo recinti, costruisci una capanna, un giardinetto, un prato... e sei soddisfatto. Oltre la siepe, la foresta, il mondo selvaggio. Qui tutto è a posto: hai pianificato tutto. E’ accaduta la stessa cosa.
La società ha fatto un po’ di pulizia nella vostra consapevolezza. Ha ripulito perfettamente una piccola parte e l’ha recintata. E lì dentro tutto è a posto.
E’ questo che fanno tutte le vostre università. Tutta la cultura e tutti i condizionamenti, servono solo a ripulire quella piccola porzione del vostro essere in modo tale da farvi sentire a casa.
Ma ecco che vi spaventate.
Oltre la siepe c’è il pericolo.

Voi esistete oltre la siepe, così come esistete al suo interno, e la vostra mente cosciente è appena una parte, un decimo di tutto il vostro essere. Gli altri nove decimi sono in attesa, nell’oscurità, e in questi nove decimi è nascosto, da qualche parte, il vostro centro reale.
E’ necessario rischiare... essere coraggiosi.
Occorre fare un passo nell’ignoto.
Per un attimo, tutti i confini spariranno.
Per un attimo, avrete le vertigini.
Per un attimo, sarete spaventati e sconcertati, come se fosse avvenuto un terremoto.
Ma se siete coraggiosi e non tornate indietro, se non ricadete di nuovo nell’ego e continuate ad andare avanti... dentro di voi esiste un centro, che possedete da vite intere.
Questa è la vostra anima, il vostro sé.

Quando vi ci avvicinerete, tutto cambierà, tutto si organizzerà di nuovo. Ma questa volta l’assestamento non sarà opera della società. Ora ogni cosa diventerà un tutto organico e armonico, non un caos: nascerà un nuovo ordine.
Ma questo non è più l’ordine della società: è l’ordine stesso dell’esistenza: è ciò che Buddha, chiama Dhamma; Lao Tzu, Tao; Eraclito, Logos. Non è fatto dall’uomo: è l’ordine stesso dell’esistenza.
Ecco che allora, all’improvviso, tutto sarà di nuovo bello; anzi, per la prima volta, è davvero bello, perché le cose fatte dall’uomo non possono essere belle. Al massimo se ne può nascondere la bruttezza, ma niente di più. Si può cercare di renderle attraenti, ma non potranno mai essere belle.

La differenza è la stessa che esiste tra un fiore vero e uno di plastica o di carta. L’ego è un fiore di plastica, morto. Sembra un fiore, ma non lo è. Di fatto, non lo si può chiamare fiore. Anche da un punto di vista linguistico è sbagliato, perché un fiore è qualcosa che fiorisce, mentre questo oggetto di plastica è solo un oggetto, non può fiorire. E’ morto, in lui non c’è vita alcuna.
Tu hai, dentro di te, un centro in fiore. E’ per questo che gli hindu lo chiamano Fior di Loto, perché è qualcosa che fiorisce. Lo chiamano il loto dai mille petali." Mille", significa "infiniti petali". E continua a fiorire, non si ferma mai, non muore mai.
Voi però, vi accontentate di un ego di plastica.
E sono molti i motivi per cui vi accontentate. Con una cosa morta ci sono molti vantaggi. Il primo, è che una cosa morta non muore mai. Non può... non è mai stata viva. Quindi, potete comprare fiori di plastica; sotto un certo aspetto vanno bene: durano molto... non sono eterni, ma durano a lungo.

Il fiore vero, che spunta in giardino, è eterno, ma non dura a lungo. E ciò che è eterno ha un suo modo di esserlo. E questa è la via di ciò che è eterno: nascere e morire continuamente. Con la morte si ricrea, torna a essere di nuovo giovane.
A noi sembra che il fiore vero sia morto... non muore mai, cambia semplicemente corpo, e in questo modo è sempre fresco.
Lascia il vecchio corpo e entra in quello nuovo. Fiorisce da qualche altra parte... e continua a fiorire.
Ma noi non siamo in grado di cogliere questa continuità, perché è invisibile: vediamo solo un fiore e poi un altro fiore... non vediamo mai la continuità.
E’ lo stesso fiore che è sbocciato ieri.
E’ lo stesso sole... ma con un abito diverso.

L’ego ha una sua qualità: è morto, è una cosa di plastica. Ed è molto facile averlo, perché sono gli altri a dartelo. Non hai bisogno di cercarlo, non è richiesta nessuna ricerca. Ecco perché solo diventando un ricercatore dell’ignoto, potrai essere un individuo, altrimenti non lo sarai mai.
Tu sei solo parte della folla. Sei tu stesso una folla.
Se non hai un centro reale, come farai a essere un individuo?
L’ego non è dell’individuo. E’ un fenomeno sociale, appartiene alla società, non è tuo. Ti dà però una funzione nella società, ti inserisce in una gerarchia. E se ti accontenti di questo, perderai ogni occasione di trovare il tuo "sé". Ed è per questo che sei così infelice. Con un vita artificiale, come puoi essere felice?
Con una vita falsa, come puoi vivere in estasi e in beatitudine? Ed ecco che questo ego crea molte sofferenze, milioni di sofferenze.
Tu non lo puoi vedere, perché è la tua stessa oscurità e tu sei identificato con essa.
Non hai mai notato che tutti i tipi di infelicità penetrano in te attraverso l’ego? Non ti può rendere beato, può solo renderti infelice.
L’ego è l’inferno.
Ogni volta che soffri, cerca semplicemente di osservare, di analizzare... e scoprirai, che è l’ego, in qualche modo, la causa di tutto. Inoltre, esso continua a scoprire nuovi motivi di sofferenza.
Una volta mi trovavo a casa di Mulla Nasruddin, e la moglie diceva cose terribili su di lui in modo rabbioso, villano, aggressivo, era quasi sul punto di scoppiare, con violenza. Il Mulla se ne stava però seduto in silenzio, e ascoltava. All’improvviso la moglie si voltò verso di lui e gli disse: "E così, hai ancora da ridire, vero?"
Mulla rispose: "Ma se non ho aperto bocca."
"Lo so", rispose la moglie, "ma stai ascoltando in modo molto aggressivo."
Sei un egoista, come tutti. Alcuni problemi sono grossolani, superficiali, e non presentano troppe difficoltà. Altri invece sono sottili, profondi e sono questi i veri problemi.

L’ego lotta in continuazione con gli altri, perché non ha nessuna confidenza con se stesso; non può averne, è qualcosa di falso. Quando non hai niente in mano e invece pensi di avere qualcosa, ecco che nasce il problema. Se qualcuno dice: "Non c’è niente", comincerà subito la lotta, perché anche tu senti che non c’è niente... l’altro ti rende cosciente di questa evidenza.
L’ego è falso, è nulla, e questo lo sai anche tu. Come puoi non saperlo? E’ impossibile. Un essere consapevole, come può non sapere che il suo ego è semplicemente falso? Gli altri gli dicono che non c’è niente, e tutte le volte che gli altri ti dicono che non c’è niente, ti feriscono, dicono la verità, e niente colpisce come la verità. Devi difenderti: se non lo fai, se non stai sulla difensiva, che cosa accadrà di te?
Ti perderai. La tua identità si spezzerà.
Per questo devi difenderti e lottare: qui nasce il conflitto.

Chi è centrato nel suo sé, non è mai in conflitto. Possono essere gli altri a lottare con lui, ma lui non si metterà mai in conflitto con nessuno.
Una volta, mentre un maestro Zen camminava per la strada, un uomo si precipitò su di lui e lo colpì duramente. Il maestro cadde, poi si rialzò, e riprese a camminare nella stessa direzione di prima, senza neppure voltarsi indietro.
Un discepolo che era con il maestro rimase molto colpito e chiese: "Chi è quell’uomo? Che cosa vuol dire tutto questo? Nessuno può voler uccidere un essere che vive come te; e tu non lo hai neppure guardato. Chi è, e perché l’ha fatto?"
Il maestro rispose: "E’ un problema suo, non mio."
Puoi metterti a combattere con un illuminato, ma sarà un tuo problema, non suo. E se tu rimani ferito in quella lotta, anche questo sarà un tuo problema, non suo. L’illuminato non può colpirti. E’ come picchiare contro un muro: ti potrai anche ferire, ma non è il muro che ti colpisce.

L’ego è sempre alla ricerca di guai. Perché? Perché se nessuno ti presta attenzione, il tuo ego inizia a sentirsi affamato.
Vive sull’attenzione degli altri.
Perciò, anche se qualcuno lotta ed è in collera con te, questo ti va bene: per lo meno ti ha prestato attenzione. Se qualcuno ti ama tutto va bene; ma se nessuno ti ama, ti va bene anche la rabbia. Perlomeno sei oggetto di attenzione. Se però questa attenzione non esiste, se nessuno pensa che sia importante, che tu sia qualcuno, come farai a nutrire l’ego?
E’ necessaria l’attenzione degli altri... e tu cerchi di attirarla in mille modi: ti vesti in un certo modo, cerchi di farti bello, ti comporti in modo educato, cerchi di cambiare. Quando percepisci che la situazione è di un certo tipo, ti adegui immediatamente, in modo che la gente ti presti attenzione.
Questo è vero e proprio mendicare.
Un vero mendicante è colui che ricerca e chiede attenzione. E un vero imperatore è colui che vive di se stesso, che ha un proprio centro e non dipende da nessun’altro.
Buddha è seduto sotto l’albero del bodhi... se il mondo di colpo scomparisse, farebbe forse qualche differenza per lui? No, per nulla. Se il mondo intero scomparisse, non farebbe alcuna differenza, perché egli ha conseguito il proprio centro.

Tu invece, se tua moglie scappa, divorzia, va con qualcun altro, vai in pezzi, resti completamente sconvolto: lei, infatti, ti prestava attenzione, si dedicava a te, ti amava, ti stava sempre attorno, ti faceva sentire qualcuno. Ora, il tuo impero è completamente perduto, sei semplicemente distrutto. Cominci a pensare al suicidio. Ma perché? Perché se la moglie ti lascia, dovresti suicidarti? Perché se il marito ti lascia, dovresti suicidarti? Perché non hai nessun centro che sia davvero tuo. Erano il marito o la moglie a dartelo.
Questo è il modo in cui la gente vive. Questo è il modo in cui si diventa dipendenti dagli altri. E’ una vera e propria schiavitù, ed è molto profonda. L’ego deve essere schiavo: dipende dagli altri. Solo una persona priva di ego è per la prima volta un maestro, non più uno schiavo. Cerca di capirlo.

Inizia a cercare l’ego: non negli altri -- che non ti riguarda -- ma in te stesso. Tutte le volte che ti senti infelice, meschino, chiudi immediatamente gli occhi: cerca di scoprire dove ha origine questa infelicità, e ogni volta scoprirai che il tuo falso centro è entrato in conflitto con qualcuno
Ti aspetti qualcosa... e non succede niente. Ti aspetti qualcosa... e accade tutto il contrario: il tuo ego ne rimane sconvolto, cadi nell’infelicità più nera. Limitati ad osservarlo: quando ti senti infelice prova a scoprirne il motivo.
Le cause non stanno al di fuori di te.
Il motivo fondamentale è dentro di te, ma tu guardi sempre al di fuori, chiedi sempre: chi mi rende così infelice?

Chi provoca questa mia rabbia, questa mia angoscia?
Se guardi all’esterno, non lo scoprirai mai.
Limitati a chiudere gli occhi e a guardare sempre dentro di te.
La fonte di ogni miseria, rabbia, angoscia, è nascosta dentro di te: è il tuo ego.
E se trovi la fonte, sarà facile andare oltre. Se riesci a vedere che il tuo stesso ego è la causa di ogni sofferenza, preferirai abbandonarlo, perché nessuno può portarsi dietro la causa della propria sofferenza, una volta che la conosce.
E ricordarti che non c’è bisogno di lasciar cadere l’ego. Non puoi farlo. Se ci provi, arriverai ad avere un ego più raffinato che dirà: "Sono diventato umile".

Non cercare di essere umile. Di nuovo sarà una maschera dell’ego, ancora non sarà morto. Non cercare di essere umile.
Nessuno può darsi da fare per essere umile; e nessuno lo può diventare attraverso lo sforzo. Quando l’ego non c’è più, in te nasce l’umiltà. Non è una creazione: è l’ombra del vero centro.
Un uomo davvero umile, non è né umile né egoista.
E’ unicamente semplice.
Non è neppure consapevole di esser umile.
Se si è consapevoli di essere umili, l’ego esiste ancora.

Guarda le persone umili... ce ne sono a milioni che credono di esserlo. Si inchinano molto profondamente, ma osservali: sono gli egoisti più elusivi. Ora si nutrono alla fonte dell’umiltà. Dicono: "Sono umile", e poi ti guardano e aspettano la tua approvazione.
"Come sei umile!" vorrebbero sentirti dire. "Sei davvero l’uomo più umile del mondo; nessuno è umile come te." E osserva il sorriso che compare sui loro volti.
Che cos’è l’ego? L’ego è una gerarchia che si fonda sull’idea: " Nessuno è come me", e che può benissimo alimentarsi con l’umiltà. "Nessuno è come me, sono il più umile di tutti gli uomini."
Una volta, accadde che un fachiro, un mendicante, pregasse in una moschea, la mattina presto, quando era ancora buio. Era una festa religiosa per i mussulmani, e lui pregava dicendo: "Non sono nessuno, sono il più povero dei poveri, il più peccatore tra i peccatori."

All’ improvviso, un’altra persona cominciò a pregare. Era l’imperatore di quel Paese, che non si era accorto che qualcun altro stava pregando -- era ancora buio -- e anche lui cominciò a dire: "Non sono nessuno, non sono niente. Sono semplicemente vuoto, un mendicante che bussa alla tua porta." E quando si accorse che qualcun altro stava dicendo la stessa cosa, sbottò: "Smettila! Chi è che cerca di superarmi? Chi sei? Come osi dire davanti al tuo imperatore che non sei nessuno, mentre anche lui lo sta dicendo?"
Ecco come funziona l’ego. E’ così sottile e astuto, che bisogna stare molto, molto attenti: solo così lo si può vedere.
Non cercare di essere umile, cerca semplicemente di capire che tutta l’infelicità e l’angoscia nascono dall’ego.
Osserva semplicemente! Non c’è bisogno di lasciarlo cadere, non si può. Chi ci riuscirà? A quel punto, colui che lo lascerà cadere, diventerà un nuovo ego, perché l’ego ritorna sempre.

Qualunque cosa tu faccia, limitati a metterti in disparte e osserva, guarda: non fare altro.
Qualunque cosa tu faccia -- umiliarti, renderti modesto e semplice -- niente ti sarà di aiuto. Puoi solo fare una cosa: limitarti a osservare che l’ego è la fonte di ogni miseria. Ma non dirlo, non ripeterlo, osserva. Perché dire che è la fonte di ogni infelicità, e continuare a ripeterlo, non serve a niente. Tu devi arrivare a capirlo. Ogni volta che ti senti infelice, chiudi semplicemente gli occhi: non cercare di scoprirne le cause all’esterno; prova a vedere da dove viene questa disperazione.
E’ il tuo stesso ego.

Se continui a sentire e a capire, se questa comprensione che l’ego ne sia la causa, si radica profondamente in te, un giorno, all’improvviso, ti accorgerai che l’ego è semplicemente scomparso. Nessuno lo lascia cadere; nessuno è in grado di lasciarlo cadere. Puoi semplicemente osservare che, a un certo punto, è scomparso, perché la comprensione stessa che sia l’ego a creare ogni sofferenza, lo fa cadere. Questa profonda comprensione, è la caduta stessa dell’ego.
Ma tu sei bravissimo a vedere l’ego degli altri; anche se nessuno, in realtà, è in grado di vedere l’ego di un altro.... quando invece riguarda te, nasce il problema, perché non conosci questa regione, non l’hai mai attraversata.
Il vero sentiero verso il divino, verso l’assoluto, deve passare attraverso la regione dell’ego. Bisogna riconoscere come falso ciò che è falso. Bisogna riconoscere la fonte della nostra sofferenza in quanto tale, e a questo punto l’ego cade da solo, semplicemente.
Quando ti rendi conto che è un veleno, cade da sé. Quando ti rendi conto che è fuoco, cade da sé. Quando ti rendi conto che è l’inferno, cade da sé. Quindi non affermare mai: "Ho lasciato cadere l’ego". Ridi semplicemente di tutto, del fatto che eri tu stesso l’autore di tutta la tua sofferenza.
Stavo guardando dei fumetti di Charlie Brown. In uno di questi, gioca con i cubi, per costruirsi una casa. E’ seduto al centro, e monta le pareti... a un certo punto, si trova chiuso dentro: ha costruito pareti tutt’intorno a sé, e si mette a gridare: "Aiuto! Aiuto!"

E’ stato lui a fare tutto! E ora è chiuso dentro, imprigionato. E’ un atteggiamento infantile, ma è quello che avete fatto tutti voi, finora. Avete costruito una casa tutto intorno a voi, e ora gridate: "Aiuto! Aiuto!" E la sofferenza aumenta a dismisura, perché colui che dovrebbe portarvi aiuto, si trova sulla stessa barca.
Una donna bellissima va dallo psicanalista per la prima seduta, e lui, d’acchito, le chiede: "Per favore si avvicini". E non appena la paziente gli si avvicina, il dottore le salta addosso, stringendosela tra le braccia e baciandola.
La donna rimane esterrefatta. Lo psicanalista continua: "Ora si segga pure. Questo risolve i miei problemi... adesso parliamo dei suoi!"
Il problema diventa complesso, perché chi dovrebbe portare aiuto, si trova sulla stessa barca. Ed è, inoltre, felice di aiutare, perché in questo modo l’ego si sente molto, molto bene: sei di grande aiuto, sei un guru, un maestro, stai aiutando una infinità di persone; e quanto più numerosi sono i tuoi seguaci, tanto meglio ti senti.
Ma tu sei sulla stessa barca: non puoi aiutarli.
Anzi, li danneggerai.
Chi ha ancora i propri problemi, non può essere di grande aiuto. Solo chi non ne ha più, può aiutarti. Solo allora, avrà la chiarezza per vedere attraverso di te: una mente che non ha problemi propri, può vederti: per lei diventi trasparente.

Una mente che non ha problemi, può vedere dentro di sé, ed è per questo che è in grado di vedere attraverso gli altri.
In Occidente, esistono numerose scuole di psicoanalisi, ma non sono di aiuto alle persone, anzi sono piuttosto un danno. E questo perché chi aiuta gli altri, o cerca di aiutarli, o si propone in quanto aiuto, in realtà si trova sulla stessa barca di coloro che vorrebbe salvare.
E’ difficile vedere il proprio ego.
E’ molto facile vedere quello degli altri. Ma non è questo il punto, tu non li puoi aiutare.
Prova a vedere il tuo ego.
Osservalo semplicemente.

E non avere fretta di lasciarlo cadere, osservalo semplicemente. Quanto più lo osservi, tanto più sarai in grado di osservarlo. E un giorno, all’improvviso, ti accorgerai che è semplicemente caduto. E quando cade per conto suo, solo in questo caso cade veramente. Non c’è altro modo. Non puoi farlo cadere prima del tempo.
Cade esattamente come una foglia secca.
L’albero non fa niente: basta un soffio di vento, qualcosa che accade... e la foglia secca semplicemente si stacca. L’albero non si accorge nemmeno che la foglia secca sia caduta. Non fa rumore, non pretende niente, proprio niente.
La foglia secca cade semplicemente, e non fa altro che frantumarsi sul terreno. Proprio così...
Quando, attraverso la comprensione e la consapevolezza, maturerai, e avrai realizzato davvero che l’ego è la causa di tutta la tua sofferenza, un giorno vedrai semplicemente cadere quella foglia secca.

 Si poserà a terra, morirà per conto suo, senza che tu abbia fatto nulla, senza la pretesa di essere stato tu a farla cadere. Ti accorgerai che l’ego è semplicemente scomparso, e in quel momento emergerà il vero centro.
Questo vero centro è l’anima, il sé, dio, la verità o qualsiasi altro nome gli vogliate dare.
E’ senza nome, per cui gli si può dare qualunque nome.
Puoi dargli tu stesso il nome che preferisci.

domenica 26 giugno 2011

Insegnamenti sulla Preghiera in Sette Versi (2)- Pema Dam Choe Drön

IL PIANO ASSOLUTO

Nella sezione precedente abbiamo insegnato secondo il punto di vista relativo del Buddhismo Tibetano. Abbiamo detto che la Preghiera in Sette Versi è molto potente e carica di benedizioni ed è rivolta a Guru Padmasambhava e ad altri Buddha. Per queste qualità è conosciuta come “I Sette Versi Indistruttibili” o “I Versi dei Sette Vajra”.
Non è stata composta da qualcuno; é la voce stessa della Vera Natura, Dharmadhatu o Pura Saggezza.
Storicamente la preghiera si è manifestata quando Guru Rinpoche apparve nel loto. Era circondato da infinite Dakini di Saggezza che a Lui cantavano la preghiera.
Numerose sono le storie che celebrano il potere e la virtù della Preghiera in Sette Versi.
Tutti i grandi maestri hanno ricevuto insegnamenti sulla Preghiera in Sette Versi, e tali insegnamenti sono rimasti intatti, senza alcuna variazione, per centinaia di anni fino ad oggi e molti esseri sono diventati illuminati grazie a questa preghiera e alla sua pratica.
Ora procediamo al Livello Assoluto della conoscenza. Perchè pensiamo su due livelli per quanto attiene alla preghiera in Sette Versi?
Non stiamo dividendo la preghiera in due, piuttosto sono le nostre oscurazioni che ci impediscono di vedere o
comprendere la preghiera a un livello più elevato.
E’ per tal motivo che Nagarjuna disse che “per conoscere la Verità Assoluta dobbiamo attraversare il livello della Verità Relativa”. Essa è come la chiave o la porta del Palazzo della Verità Assoluta. Attraverso le spiegazioni al Livello Relativo e successivamente apprendendo il significato al Livello Assoluto, portiamo la preghiera ad un’unico livello di comprensione.
Il significato della HUM all’inizio della preghiera non cambia. E’ ancora la nostra Consapevolezza Innata, chiara e libera da ogni concetto. Ciò vuol dire che ogni nostro pensiero è Consapevolezza Primordiale.
Questa effettiva Natura Primordiale della mente è l’Assoluto Guru Padmasambhava.
E, ne consegue, che per avere una visione e conoscenza Perfetta, dovremmo mantenere le nostre menti in questa Natura Primordiale durante la pratica. Quindi per educare o riconnettere le nostre menti con questa visione, la Preghiera comincia con la sillaba HUM.
Il primo verso comincia con Orgyen che rappresenta il luogo da cui tutti gli insegnamenti segreti o mantra si sono irradiati. Questo luogo è conosciuto come Oddiyana.
Potresti chiederti: “Perché questi insegnamenti o mantra sono segreti?”.
Non che ci sia nulla da nascondere. E’ il livello o capacità della nostra conoscenza che mantiene l’Assoluto come segreto. La nostra ignoranza ci impedisce di vedere la vera Natura Primordiale. Questa Perfetta Natura è il Buddha e l’Assoluto Guru Padmasambhava.
Questo significato di Oddiyana in quanto fonte dei mantra segreti si applica alla nostra mente. La nostra consapevolezza Primordiale è la fonte di questi segreti che sprigionano Saggezza e Realizzazioni: in questo preciso momento, le nostre menti sono la fonte di irraggiamento.
Un’altro significato di Oddiyana è librarsi, volare. Gli esseri che conoscono pienamente questa Vera Natura possono volare e librarsi entro il regno del Dharmakaya, liberi da ostacoli.
Andando avanti nel primo verso, qual’é il significato di “nord-ovest” nella preghiera? Nel Buddhismo Mahayana, il nord-ovest simboleggia il Nirvana, la vacuità. Il nord è libero dai movimenti di ascesa e tramonto del sole e della luna.
L’Ovest è il simbolo del Samsara, dell’oscurità, del tramonto del sole. Questo è il motivo per cui il Buddha mosse sette passi verso l’ovest quando nacque e disse che questa sarebbe stata l’ultima rinascita nel samsara; poi fece sette passi verso nord e disse “In questa vita aprirò le porte del Nirvana”.
L’ultima parola, TSAM, significa confine. Guru Rinpoche era libero da entrambi i confini di Samsara e Nirvana.
La parola PEMA, nel secondo verso, significa libero da oscurazioni, dall’attaccamento e dall’afferrarsi. E’ vuota e luminosa in questa libertà. Questo è lo stato di Kadak – “primordialmente puro”-, puro fin dall’inizio e totalmente aperto.
GESAR è come il pistillo di un fiore. E’ l’aspetto di chiarezza della Vera Natura, la saggezza, la gentilezza amorevole, la compassione e i mezzi abili che si riflettono da questa Vera Natura.
Questo manifestarsi è noto come Gesar. La terza parola, DONGPO significa stelo; esso unisce il loto e il pistillo, Chiarezza e Vacuità.
Esse funzionano in modo differente ma non sono mai separate. In questa pratica della Verità Assoluta centrata su Guru Padmasambhava, non stiamo cercando esternamente; tutto è contenuto all’interno della nostra Natura Primordiale. Questa Natura Primordiale ha due aspetti di Chiarezza -o dei Mezzi Abili- e di Saggezza.
Queste due qualità sono in unione dentro noi stessi. Questa è la Pratica della Suprema Beatitudine della Mahamudra. E’ libera dai dualismi, conosciuta come la Via di Mezzo o Visione Madyamika. E’ l’origine di ogni manifestazione, di tutte le attività. E’ il manifestarsi della Perfezione delle Cinque Saggezze. In quest’ottica, questo è conosciuto come gli insegnamenti del Grande Dzogchen.
Il terzo verso si rivolge agli stati di Realizzazione interiori.
”Come sarebbe meraviglioso ottenere queste Supreme Realizzazioni” esclama la preghiera.
Questa è una visione dello stato interno. Non guardiamo all’esterno la Buddhità, Guru Padmasambhava, Vajrasattva o Samantabhadra. Essi sono tutti all’interno delle nostre menti; questa Natura Primordiale appartiene a tutti questi Buddha. E quindi, il terzo verso canta di quanto sarebbe meraviglioso riconoscere il Guru Padmasambhava dentro noi stessi, la più alta e preziosa Consapevolezza che noi possiamo raggiungere. Questa è la più alta realizzazione di qualsiasi insegnamento. Secondo la tradizione Nyingma ci sono tre lignaggi di Realizzazione.
C’è il Lignaggio della Trasmissione da Mente a Mente.
Ad esempio, Naropa chiese insegnamenti a Tilopa, molte, molte volte. E Tilopa si rifiutò persino di dargli una sola spiegazione. Invece, gli diede le 24 pratiche ascetiche da eseguire. A un certo punto Tilopa afferrò Naropa al collo gridandogli:
”Cosa ti aspetti da me?”. Lo colpi tre volte alla fronte col suo sandalo e, quando Naropa riprese conoscenza, vide chiaramente la sua Vera Natura, il suo stato della Mahamudra.
Questo tipo di insegnamento è noto come Lignaggio di Trasmissione da Mente a Mente.
Senza parole, lo studente viene a conoscenza della verità in quel momento. Questo è il modo di riconoscere la Verità Assoluta: essa è al di là di parole e concezioni.
Il quarto verso proclama il nome di Guru Rinpoche. Una volta che hai riconosciuto questo stato della Consapevolezza Primordiale, libero da concezioni e pensieri dualistici, questa Realizzazione è indicata come Guru Padmasambhava. Puoi scoprire Lui dentro il tuo cuore o stato della mente. Il quinto verso parla delle Dakini, o manifestazioni delle attività di Saggezza che tutto realizzano, libere da oscurazioni e pensieri dualistici. E’ la conoscenza pura e perfetta della Saggezza che significa Yeshe o Kandroma. Una volta realizzato lo Stato Naturale Primordiale si è circondati da infinite Dakini. Ovunque si guardi è il movimento della Natura Primordiale. Ogni attività si irradia da questo stato e diventa il seguito circostante, quasi come i raggi di luce che si irradiano dal sole. Quindi, in questo caso le Dakini sono l’emanazione di saggezza della nostra mente.
Il sesto verso ci dice come seguire le orme del Prezioso Guru.
A livello Assoluto, una volta riconosciuta la Natura Primordiale, fai voto di seguire questa via e di non separartene; ti sei impegnato a seguire le sue orme perché hai riconosciuto l’Assoluto Guru Padmasambhava, non lo stai seguendo ciecamente. Non ti separi dalla visione di lavorare per aiutare tutti gli esseri senzienti.
Il settimo verso implora il Guru di venire con le sue benedizioni. A livello interno, una volta riconosciuto l’Assoluto Guru Padmasambhava, chiediamo le sue benedizioni, non per noi stessi, piuttosto per trasformare tutti i fenomeni esterni nella condizione unica di Guru Padmasambhava. Ci sono molti esseri senzienti che soffrono nell’ignoranza, che va trasformata nella Saggezza Primordiale che anche loro possiedono. Invochiamo l’Assoluto Guru Padmasambhava interiore per rimuovere l’oscurità degli esseri senzienti ed educarli alla Realizzazione che tutti possediamo. Al tempo stesso vogliamo trasformare l’universo nella sua Terra Pura.
Non cerchiamo di creare qualcosa che non esiste qui; vogliamo rivelare qualcosa che è sempre esistito. Questa è la Pratica della Bodhicitta Assoluta e dell’impegno. Questa è la Realtà. Non cerchiamo di creare qualcosa che non esiste. Anche se le nostre oscurazioni ci impediscono di vedere chiaramente, al livello Assoluto tutto è puro.
E’ simile a una persona con deficit visivi. Anche se un uomo con astigmatismo percepisce che ogni cosa attorno a lui è sfocata, non c’è nulla di sbagliato in quegli oggetti. Se correggiamo questa visione gli oggetti appariranno chiari e normali.
La stessa cosa accade con la visione della Terra Pura.
Questo è l’insegnamento della pratica interna della Preghiera dei Sette Versi.
Di solito prima pratichiamo esternamente facendo la visualizzazione di Guru Padmasambhava di fronte a noi; poi invochiamo le sue benedizioni e manteniamo la nostra mente sull’Assoluto Padmasambhava. In questa condizione realizziamo il nostro lavoro quotidiano per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Così facendo completiamo la pratica esterna e interna. Normalmente, la pratica interna accade spontaneamente e senza sforzo, via via che aumentano la devozione e la fede.
Il significato del mantra GURU PADMA SIDDHI HUM è simile al significato a livello relativo.
Rappresenta anche i Tre kaya e riafferma l’assoluto Guru Padmasambhava con la sillaba HUM.

(Raffaele Phuntsog Wangdu & Salvatore Tondrup Wangchuk)

Insegnamenti sulla Preghiera in Sette Versi (1)- Pema Dam Choe Drön

IL PIANO RELATIVO
La Preghiera in Sette Versi è una preghiera potente e carica di benedizioni che è recitata per Guru Rinpoche e anche per altri Buddha. Poiché ha queste qualità è conosciuta come “I Sette Versi Indistruttibili” o “I Sette Versi del Vajra”.
La storia della Preghiera in Sette Versi è molto ricca.
Cominciamo con la domanda: “Chi é Guru Padmasambhava?”. E’ un essere pienamente Illuminato la cui esistenza fu predetta dal Buddha Shakyamuni. Come essere totalmente illuminato, appare in vari reami e forme. Nel reame del Dharmakaya appare come Buddha Samantabhadra e nel Sambhogakaya come Vajradara o Vajrasattva. Nella Terra Pura del Nirmanakaya è conosciuto come Shakyamuni o Guru Padmasambhava.
Questo perché Guru Rinpoche è illuminato in entrambi gli aspetti - il relativo e l’assoluto - per cui é visto come totalmente Illuminato.
La preghiera stessa ha significati sui livelli esterno, interno e segreto. Questi livelli possono riassumersi nell’assoluto e nel relativo. Ma quale è il reale significato di verità relativa e assoluta? Il livello relativo è la percezione della nostra visione soggettiva. Nulla cambia o va al di là dei nostri sei sensi. Ciò che sperimentiamo o percepiamo attraverso questi sensi è il livello di verità relativa. Significa anche che ciò che percepiamo non va oltre la nostra immaginazione o concezione. Ciò che tu vedi, io vedo. Ciò che tu ascolti, io ascolto.
E’ il terreno comune che condividiamo. Se c’é un bicchiere rotto davanti a me, anche tu vedi che é rotto. Non è necessario usare un linguaggio speciale o un filo logico per trasmettere questa informazione; il livello relativo è condiviso e semplice. La seconda condizione – l’assoluto - é nota nella filosofia buddhista come Verità Assoluta.
Questo livello è completamente al di là della nostra concezione o dell’ambito della nostra immaginazione. Per avere una conoscenza dell’Assoluto, dobbiamo impiegare svariati insegnamenti e forme di ragionamento. Questo può essere utile a darci un barlume, ma siamo ancora limitati nella nostra conoscenza. Continuiamo a passare il tempo con la nostra immaginazione e con i nostri pensieri limitati. Questo pensiero limitato non può giudicare o percepire l’esperienza sconfinata o verità senza limiti.
Nella condizione presente, la nostra percezione é piena di giudizi ed è completamente controllata. In questo stato relativo non possiamo conoscere lo stato assoluto. Siamo venuti a conoscenza della Grande Equanimità, la Verità Assoluta.
Questa è una condizione in cui ogni cosa è uguale, permanente e impermanente, buona o cattiva, alta o bassa, tutto è uguale. Tutto è nell’ambito di un grande stato di equanimità. Anche se abbiamo ascoltato ciò molte volte, é difficile coglierne il significato perchè rimaniamo in questo territorio di conflitto e giudizio.
Garab Dorje, un illustre maestro Dzogchen, spiegò che é veramente difficile conoscere questa Grande Equanimità con i nostri pensieri oscuranti. Essi sono basati sulla nostre vedute ed esperienze totalmente limitate. E’ simile a molti frammenti, tutti messi assieme che non possono comprendere pienamente questo Assoluto.
Questa conoscenza limitata non può misurare o percepire la totalità della Verità assoluta. Perché abbiamo una mentalità che non può percepire la vastità della Pura Natura? Perché la nostra visione é così frammentata? Ovunque guardi la nostra mente, ovunque ci focalizziamo, è lì tutto quello che vediamo. Non vediamo qualcos’altro al tempo stesso. Quando guardiamo ad est, non vediamo l’ovest, il nord o il sud. Quando guardiamo avanti, non vediamo dietro di noi, quando guardiamo su non vediamo giù. Questa è la modalità di percepire per frammenti della nostra mente.
D’altro canto, i Buddha - gli Esseri totalmente Illuminati - hanno pensieri che sono pienamente realizzati. Possono vedere ogni cosa chiaramente e perfettamente. Ciò perché i Buddha possono vedere i tre tempi in un unico tempo. Ma come, puoi chiederti, può una persona percepire i tre tempi, passato, presente e futuro in un istante?
Noi possiamo avere dei dubbi da un punto di vista relativo. Il Buddha può anche percepire le dieci direzioni nello stesso istante. Come può vedere in tutte le direzioni spontaneamente senza oscuramenti? Questo perché in questa condizione si dice sia andato oltre noi.
E’ anche difficile comprendere molti aspetti della visione del Vajrayana, i più alti insegnamenti del Buddha Shakyamuni. Per esempio, il Vajrayana spiega che ogni cosa e ogni essere é in una condizione totalmente illuminata. Il mondo esterno è una Terra Pura e tutti i suoi esseri sono pienamente Risvegliati. Salvo che non siate esseri con alte capacità, ciò é difficile da comprendere. Forse mentre stiamo meditando riusciamo ad avere una qualche conoscenza di queste verità,ma nel post– meditazione la nostra modalità abituale di vedere il mondo, entra rapidamente in gioco, bloccando la nostra comprensione.
Quindi, ora voglio dirvi che é importante comprendere che ci sono molte altre cose che esistono al di là di quello che possiamo vedere ora. Ci sono molte cose da vedere e conoscere fino a che non raggiungiamo l’Illuminazione. Per esempio, se usiamo una torcia elettrica di notte, possiamo vedere fin dove giunge la luce. Ciò non significa che nulla esista al di là della luce. Similmente ci sono molte cose da sviluppare e conseguire al di là di ciò che noi vediamo ora. Ora procedo nell’insegnamento della Preghiera in Sette Versi nei termini del relativo e dell’assoluto.
E’ semplice da comprendere la traduzione della preghiera a un livello relativo. E, con tutto ciò, anche al livello
relativo, la prima sillaba, HUM, è la parola del Vajrayana e della Vera Natura. E’ una parola molto potente al livello segreto. Anche sul livello relativo potresti non comprendere questa parola, per cui merita aggiungere qualche spiegazione. La sillaba rappresenta la nostra Pura Consapevolezza o la nostra Saggia Consapevolezza auto originata. Ogni essere senziente ha questa consapevolezza, questa natura. Questa consapevolezza è totalmente identificata con la nostra mente attuale. Questa consapevolezza auto originata è totalmente pura da un tempo senza inizio e in questo aspetto è nota come lo Stato della Grande Vacuità. Questa Vacuità non è un buco nero, non è semplicemente vuoto, piuttosto contiene luminosità o chiarezza che sorgono spontaneamente. Questa chiara luce è sempre in unione con la vacuità come un’unica natura. A un livello relativo possiamo comprendere che questo è il cuore dello stato di realizzazione di Guru Padmasambhava.
Al livello Assoluto questa natura é contenuta entro la natura personale.
Quindi, Guru Padmasambhava non é all’esterno di noi stessi, egli è la nostra Consapevolezza auto originata.
Mi riprometto di parlare ulteriormente del livello relativo della Preghiera in Sette Versi, ma tenete a mente che anche se preghiamo a un livello relativo, dobbiamo mantenere la nostra mente in uno stato perfettamente puro di consapevolezza - lo stato assoluto di Guru Padmasambhava -.
Questa conoscenza dell’Assoluto tramite Guru Rinpoche ha anche un altro aspetto.
Nel sistema Vajrayana il Lama ha una autorevolezza speciale. Il Lama rappresenta tutti i Buddha delle dieci direzioni, dei Tre Tempi e i Tre Gioielli. Quindi, conoscere la natura del Lama é conoscere la natura di ogni cosa. Lama è una parola tibetana e significa Guru.
Focalizziamo nuovamente la nostra attenzione sulla sillaba HUM.
In realtà, la sillaba tibetana si compone di cinque parti che rappresentano cinque differenti saggezze: al centro della sillaba compare la lettera HA, a seguire ci sono la AH e la OO – che si esprime come il suono di una lunga U – ed infine appaiono una semiluna ed un cerchio.
Le cinque saggezze simbolizzate sono le seguenti: Saggezza del Dharmadatu, Saggezza simile allo Specchio, Saggezza che Tutto Realizza, Saggezza della Grande Equanimità, Saggezza della Consapevolezza Discriminante. Tramite queste cinque saggezze si può ottenere l’Illuminazione.
Tutti possediamo queste Cinque saggezze nella nostra Consapevolezza Intrinseca, anche se esse possono non essere attive. In breve, nel momento in cui cantiamo la sillaba HUM, essa ci rammenta e ripristina la conoscenza dello Stato della Pura Natura della nostra consapevolezza. Per quanto riguarda i rimanenti versi della preghiera, essi non sono difficili da comprendere a un livello relativo o esterno.
Il primo verso ci dice dove nacque Guru Padmasambhava: al confine nord-ovest dell’Oddiyana. In realtà, nel sistema cosmologico Bhuddhista, l’area dove il Buddha Shakyamuni ottenne l’illuminazione a Bodhgaya é considerato un luogo fondamentale. Guru Rinpoche nacque nella parte nord dell’Oddiyana. L’antico paese dell’Oddiyana é diventato abbastanza famoso grazie a molti insegnamenti del Vajrayana. Molti di questi insegnamenti apparvero qui e, quindi, questo posto é conosciuto come Terra Segreta delle Dakini.
Il cuore dell’Oddiyana è chiamato Dhummatala ed è considerato un luogo molto potente.
La parola tibetana per Oddiyana è Orgyen. E’ anche considerata una variante dialettale di una parola sanscrita.
Khenpo Rinpoche ci offre un piccolo esempio di come la parola possa mutare. In inglese tu dici “milk”, mentre in India, quando loro parlano in inglese, la parola è pronunciata “millik”. Quando un Nepalese o un Indu parla in questo modo è convinto di parlare in Inglese! Giammai penseranno di parlare in nepalese o indù. Similmente i Tibetani pensano di parlare in sanscrito quando dicono Orgyen.
Il secondo verso ci dice come si manifestò Guru Rinpoche. Sebbene non abbia avuto genitori, il verso ci parla della sua unica forma di nascita:al centro di un loto. Questo é il motivo per cui la sua nascita è considerata miracolosa. La sua fu una comparsa improvvisa più che una crescita nel loto, il loto non fu usato come un utero. Tra i Quattro modi di nascere, Guru Rinpoche sperimentò la nascita miracolosa; gli altri sono la nascita dall’uovo, nell’umido e nell’utero. Il terzo verso della preghiera rivela la Realizzazione di Guru Padmasambhava. Se aveva ottenuto questa nascita miracolosa al centro del loto, quali realizzazioni e qualità possedeva? Questo verso parla delle Supreme Realizzazioni. Egli è totalmente libero dalle due oscurazioni ed è la diretta emanazione dei tre kaya dei Buddha. Quindi, é pari al Buddha Vajradhara, Shakyamuni, Samantabahdra e Amitabha.
Ricapitolando, il primo verso parla del luogo di nascita, il secondo descrive le modalità della sua nascita e il terzo celebra le sue numerose realizzazioni.
Chi è questo essere miracoloso e qual è il nome con cui è conosciuto? Il quarto verso ci dice che è acclamato
come Guru Padmasambhava in tutte le Terre Pure. In realtà ha altri nomi dall’identico significato. In tibetano é
chiamato Pema Jugne, in sanscrito Pema Kara, che significa “sorgente della fioritura” o “essenza della natura del loto”.
Il quinto verso loda il suo seguito di studenti. E’ anche noto come “Signore delle Dakini” o “Fratello delle Dakini”. In tal senso il suo seguito o Sangha si considera costituito da grandi Vidyadara. Vidyadara é una parola sanscrita che indica coloro che possiedono la Saggezza della Perfetta Consapevolezza, o coloro che mantengono un perfetto stato di consapevolezza in tutte le attività a beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Guru Rinpoche é circondato da centinaia e centinaia di queste Dakini di Saggezza femminili e Vidyadara maschili.
Dakini é una parola sanscrita che letteralmente significa “che camminano (appaiono) nel cielo” o “camminano (appaiono) nello spazio”. Il significato più profondo di Dakini é “colei che conosce perfettamente la natura del Dharmadhatu” o “la Natura Primordiale Assoluta”. Si può anche dire che la Saggezza della Perfetta Consapevolezza appare nello Stato della Pura Vastità del Dharmadhatu libero da ostacoli. Quindi, se hai raggiunto questo livello di consapevolezza, puoi muoverti nel cielo; puoi dimorare nella Grande Equanimità.
I versi da uno a cinque descrivono Guru Rinpoche come l’oggetto di Rifugio. Il sesto verso indica lo studente, ogni individuo, che segue il Guru o prende Rifugio in Lui.
Questo verso è anche l’essenza della Bodhicitta così come della pratica del Rifugio. Non solo esprime la vostra fiducia nel seguire le orme del Guru, essa indica anche che desiderate seguire le sue orme nel Pensiero dell’Illuminazione.
Quali qualità possiede Guru Rinpoche?
Egli possiede Compassione Illimitata, Saggezza Infinita e Infinita Gentilezza Amorevole per tutti gli esseri senzienti.
Quindi, generiamo l’aspirazione a seguirlo secondo le capacità che possiediamo per aiutare gli esseri senzienti.
E così, Rifugio e Bodhicitta sono esposti nel sesto verso. Quando prendi Rifugio nel Guru, stai prendendo Rifugio nelle Tre Radici: la Radice delle Benedizioni -o il Guru -, la Radice delle Realizzazioni -che sono le Divinità- e la Radice dell’Azione o Attività - che sono le Dakini-. Quando prendi Rifugio in Guru Padmasambhava, egli è il Guru. Il suo Stato di Realizzazione è noto come la Divinità che è circondata da molte Dakini. Quindi, secondo il sistema Vajrayana, stai prendendo Rifugio anche nelle Tre Radici.
Infine, secondo i Sutra del Mahayana o del Buddhismo generale, Guru Padmasambhava é conosciuto come “I Tre Gioielli”. Il suo corpo è il Sangha, la Sua Parola è il Dharma e la Sua Realizzazione, o mente, è il Buddha.
Il settimo verso parla delle benedizioni del Guru. Hai preso Rifugio e Bodhicitta nell’Oggetto del Rifugio, il Prezioso Guru.
Quali risultati stai cercando?
E’ l’ Illuminazione o la Buddhità che stai cercando tramite il supporto e la benevolenza del Guru. Noi abbiamo la Natura di Buddha. La questione è rivelare queste qualità attraverso la pratica e le benedizioni del Guru. Significa anche che stiamo chiedendo il suo aiuto nell’ottenere le stesse qualità che Egli possiede.
Vogliamo modellarci o fonderci perfettamente con le Sue qualità. L’ultima parte del settimo verso, CHEG SU SOL, si riferisce alla parola sanscrita Sugata. In inglese, è talvolta tradotta come “venire”; il reale significato è “pregare per la Realizzazione”; significa anche “il totalmente Illuminato” o “Gata”. Quindi andato, quindi andato.
Così noi stiamo chiedendo o implorando: “Vieni Illuminazione! Vieni Buddhità!”.
Non vogliamo la Buddhità lontano da noi. Non la vogliamo in un tempo futuro ma giusto qui ed ora; questa è la realizzazione della preghiera a questo livello.
Dopo abbiamo il GURU PEMA SIDDHI HUM che è il mantra di Guru Padmasambhava. Nell’essenza rappresenta I Tre Kaya.
GURU é la parola sanscrita che significa il più grande, il più elevato. Questo è il Buddha del Dharmakaya, il più alto e l’incommensurabile, quindi il più importante. Il significato in sanscrito di PADMA è amorevole, perfetto, libero da macchie e oscurazioni. E’ anche il Buddha del Sambhogakaya, l’Aspetto del Buddha o Rupakaya. Presenta segni maggiori e minori che simboleggiano bellezza, libertà da oscuramenti, pienamente arricchito da tutte le qualità dell’Illuminazione. E’ anche conosciuto come il “Buddha delle considerevoli ricchezze”. SIDDHI indica “Colui che ha portato a termine azioni e attività per aiutare gli esseri senzienti”.
Questo è il Buddha del Nirmanakaya. HUM ha lo stesso significato dell’inizio della preghiera.
I Tre Kaya non sono nient’altro che la nostra Saggezza Primordiale. Per comprendere la nostra Consapevolezza inoltre, è necessario comprendere perfettamente i Tre Kaya. Quindi, la preghiera termina con HUM per confermare la Perfetta Realizzazione della Consapevolezza Innata dei Tre Kaya.

Mahamudra Upadesha - Tradotto da Chokyi Lodro (Marpa il Traduttore)

Istruzioni orali sulla Mahamudra date da Sri Tilopa a Naropa sulle rive del fiume Gange.
Tradotto dal sanscrito al tibetano da Chokyi Lodro (Chos kyi bLo gros) Marpa il Traduttore. 

Omaggio alla Saggezza Co-emergente! [1]
La Mahamudra non può essere mostrata;
Ma per te, che sei dedito al guru, che hai
padroneggiato le pratiche ascetiche
E sei paziente nella sofferenza, intelligente Naropa,
Prendi ciò a cuore, mio fortunato discepolo.

Kye-ho! [2]

Guarda la natura del mondo
Impermanente come un miraggio o un sogno;
Anche il miraggio o il sogno non esiste.
Quindi, sviluppa la rinunzia e abbandona le attività
mondane.
Rinuncia ai servi e ai parenti, causa di passione
e aggressività.
Medita da solo nella foresta, negli eremi, in posti solitari.
Rimani nello stato di non-meditazione.
Se ottieni il non-ottenimento, allora hai ottenuto la mahamudra.
Il dharma[3]  del samsara è di poco valore, causa passione e
aggressività.


[1] La saggezza primordiale, nata simultaneamente all'ignoranza, nel modo stesso in cui nirvana e samsara sono venuti
in esistenza simultaneamente.
[2] Presta attenzione! Ascolta!
[3] Qui sta per legge, modello, sentiero.


Le cose che abbiamo creato non hanno sostanza; quindi,
cerca la sostanza dell'ultimo.
Il dharma della mente non può vedere il significato
della mente trascendente.
Il dharma dell'azione non può scoprire il significato
della non-azione.
Se tu volessi ottenere la realizzazione della mente trascendente
e della non-azione,
Allora taglia la radice della mente e lascia che la coscienza
rimanga nuda.
Lascia schiarire le acque inquinate delle attività mentali.
Non cercare di fermare le proiezioni, ma lasciale venire
a riposare da sole.
Se non c'è repulsione o assenso, allora sei
liberato nella mahamudra.
Quando a un albero crescono foglie e rami,
Se tagli le radici, le molte foglie e i rami appassiscono.
Allo stesso modo, se tagli la radice della mente,
Le svariate attività mentali si calmeranno.
L'oscurità che è stata accumulata in migliaia di kalpa [1]
Una sola torcia la disperderà.
Allo stesso modo, un momento di esperienza di mente luminosa
Dissolverà il velo delle impurità karmiche.
Uomini di minore intelligenza che non potete afferrare ciò,
Concentrate la vostra consapevolezza e focalizzatevi sul respiro.
Tramite diverse pratiche di fissazione e concentrazione,
Disciplinate la vostra mente fino a che riposi naturalmente.
Se percepisci lo spazio,
Le idee fisse del centro e del bordo si dissolvono.
Nello stesso modo, se la mente percepisce la mente,
Tutte le attività mentali cesseranno, rimarrai in uno
stato di non pensiero,
E realizzerai il supremo bodhi-citta [2]
I vapori che sorgono dalla terra diventano nuvole e poi
svaniscono nel cielo;

                                               


[1] Eoni.
[2] Mente risvegliata.


 
Non si sa dove vadano le nuvole quando si
sono dissolte.
Allo stesso modo, le onde dei pensieri derivate dalla mente
Si dissolvono quando la mente percepisce la mente.
Lo spazio non ha colore né forma;
È immutevole, non è velato dal nero o dal bianco.
Allo stesso modo, la mente luminosa non ha colore né forma;
Non è velata dal nero o dal bianco, virtù o vizio.
La pura e brillante essenza del sole
Non può essere offuscata dall'oscurità che dura un
migliaio di kalpa.
Allo stesso modo, la luminosa essenza della mente
Non può essere offuscata dai lunghi kalpa del samsara.
Benché si possa dire che lo spazio è vuoto,
Lo spazio non può essere descritto.
Allo stesso modo, benché si possa dire che la mente è luminosa,
Nominarla non prova che esista.
Lo spazio è completamente senza posizione.
Allo stesso modo, la mente della mahamudra non dimora 111 alcun
luogo.
Senza cambiamenti, riposa libero nello stato primordiale;
Non c'è dubbio che i tuoi legami si scioglieranno.
L'essenza della mente è come lo spazio;
Quindi, non c'è nulla che non racchiuda.
Lascia che i movimenti del corpo si calmino nella schiettezza,
Cessa la tua vana chiacchiera, lascia diventare un'eco la tua parola,
Non avere opinioni, ma vedi il dharma del cambiamento.
Il corpo, come un bambù cavo, non ha sostanza.
La mente è come l'essenza dello spazio, non hli posto per
. ..
l pensieri.
Lascia libera la tua mente, non trattenerla né permettile
di vagare.
Se la mente non ha scopi, è mahamudra.
Portare a compimento ciò è l'ottenimento della suprema
illuminazione.
La natura della mente è luminosa, senza oggetto di percezione.
Scoprirai il sentiero del buddha quando non c'è
sentiero di meditazione.
Meditando sulla non meditazione otterrai la suprema bodhi.[1]
Questo è il re delle opinioni - trascende fissare e tenere.[2]
Questo è il re delle meditazioni - senza la mente che vaga.
Questo è il re delle azioni - senza sforzo.
Quando non c'è speranza e paura, hai realizzato la meta.
L'alaya [3] non-nato è senza abitudini e veli.
Riposa la mente nell'essenza non-nata; non far distinzioni
tra meditazione e post-meditazione.
Quando le proiezioni esauriscono il dharma della mente,
Si ottiene il re delle opinioni, libero da ogni limitazione.
Sconfinato e profondo è il supremo re delle meditazioni.
L'auto-esistenza senza sforzi è il supremo re delle azioni.
L'auto-esistenza senza speranza è il supremo re della fruizione.
All'inizio la mente è come un fiume turbolento.
Nel mezzo è come il fiume Gange, ondeggia lentamente.
Alla fine è come la confluenza di tutti i fiumi, come
l'incontro del figlio con la madre.
I seguaci del Tantra, della Prajnaparamita,
Del Vinaya,[4] dei Sutra e delle altre religioni
Tutti costoro, con i loro testi e dogmi filosofici,
Non vedranno la luminosa mahamudra.
Non avendo opinioni, senza desideri,
Autocalmata, autoesistente
È come un'onda d'acqua.
La luminosità è velata solo dal sorgere del desiderio.
II vero voto del samaya [5] è rotto dal pensare in termini di
precetti.
Se tu né dimori e percepisci, né ti allontani dall'ultimo,








[1] Lo stato risvegliato.
[2] Tenere: tenersi attaccati alle proiezioni. Fissare: credere nell'esistenza di
un proiettore.
[3] Il dbarmadhatu, lo stato primordiale al di là dell'essere e del non essere.
[4] Le scritture contenenti le regole di disciplina hinayana.
[5] I voti tantrici di disciplina.


Allora sei il santo praticante, la torcia che illumina
l' oscurità.
Se sei senza desiderio, se non dimori negli estremi,
Vedrai il dharma di tutti gli insegnamenti.
Se ti impegni in questo sforzo, ti libererai
dalla prigionia samsarica.
Se mediti in questo modo, brucerai il velo
delle impurità del karma.
Quindi sarai conosciuto come "la Torcia della Dottrina".
Anche la gente ignorante che non è dedita a questo insegnamento
Potrà essere da te salvata dal costante annegare nel fiume
del samsara.
È un peccato che gli esseri sopportino tale sofferenza
nei regni più bassi.
Coloro che vorranno liberarsi dalla sofferenza dovranno
cercare un saggio guru.
Essendo posseduti dall'adhishthana,[1] la propria mente sarà liberata.
Se cerchi una karma mudra [2] allora sorgerà la saggezza
dell'unione della gioia con la vacuità.
L'unione di mezzi abili con la conoscenza
porta beatitudine.
Conducila giù e dai origine al mandala.
Assegnalo ai giusti posti e distribuiscilo per tutto il corpo.
Se non è coinvolto il desiderio, allora sorgerà l'unione
della gioia e della vacuità.
Guadagna una lunga vita, senza capelli bianchi, e crescerai
come la luna.
Divieni radiante e la tua forza sarà perfetta.
Avendo ottenuto rapidamente le siddhi [3] relative,
si dovrebbero cercare le siddhi assolute.
Possano queste concise istruzioni nella mahamudra rimanere
nei cuori degli esseri fortunati.


[1] Benedizioni, l'atmosfera creata dal guru.
[2] La propria consorte nella pratica del terzo abhisheka, la terza iniziazione.
[3] Poteri miracolosi.