mercoledì 18 aprile 2012

Che cosa è la mente? - Kyabje Kalu Rinpoche

Noi abbiamo tutti il sentimento di avere una mente e di esistere ma la nostra comprensione di questa mente è perlomeno vaga e confusa, noi diciamo «io ho una mente, io sono, io esisto», ci identifichiamo a un me, un io, al quale attribuiamo delle qualità, ma non conosciamo veramente né la natura di questa mente né quella di questo me, ignoriamo in cosa consiste, come funziona e, globalmente, chi siamo fondamentalmente.
Nella ricerca della mente il punto essenziale e riconoscere la sua natura cominciando col domandarci al livello più profondo ciò che siamo realmente. Quelli che esaminano veramente la loro mente e considerano profondamente cos’è sono estremamente rari. E per quelli che cercano di farlo, l’esame si rivela difficile. Ricercando e osservando cos’ è la nostra mente, non riusciamo veramente a identificarlo, non lo troviamo veramente. Non v’è alcun dubbio che, da un punto di vista scientifico, si potrebbero dare molte risposte per definire cos’ è la mente, ma qui non parliamo di questo tipo di conoscenza. Il problema fondamentale è l’impossibilità che la mente si conosca da se stessa poiché colui che cerca, il soggetto, è la mente stessa e anche l’oggetto che si propone di esaminare è la mente. In questo c’è una situazione paradossale. Io posso cercarmi dappertutto nel mondo intero, senza mai trovarmi poiché io sono ciò che cerco. Il problema è lo stesso di cercare di vedere la nostra stessa faccia, i nostri occhi vi sono molto vicini ma non possono vederla, così come non possono vedere se stessi. Non riusciamo a conoscere la nostra mente semplicemente perché è troppo vicina. Un proverbio del dharma dice: «l’occhio non vede la propria pupilla,» allo stesso modo la nostra mente non ha la capacità di vedere se stessa, ci è talmente vicina, talmente intima, che non possiamo discernerla. È solo sapendo aggirare l’ostacolo, cioè utilizzando uno specchio, che potremo vedere la nostra faccia. Allo stesso modo in cui per vedere noi stessi dobbiamo fare ricorso a quest’oggetto particolare, la mente per studiare se stessa deve fare appello a qualcosa che giochi il ruolo di specchio, nel quale essa possa scoprire il proprio vero viso, questo mezzo è il dharma così come c’è trasmesso da una guida spirituale.


L’ego, questo sconosciuto - Lama Denys Rinpoche

L’ego, il “me”, l’”io”, è il sentimento di esistere come individuo indipendente con le relazioni che derivano da quest’impressione.
L’esperienza dell’ego è di vivere ogni percezione in rapporto a questo osservatore, questo soggetto: “me, io”.
L’ego ha un istinto fondamentale che è un desiderio di esistenza e di piacere. Questo istinto si traduce in pulsioni che aggrediscono “quello che gli è altro” in termini di possesso, rifiuto, indifferenza. Questo modo di funzionare dell’ego si manifesta così attraverso atteggiamenti passionali: di attrazione, repulsione o indifferenza, sviluppati verso le persone, le cose e le situazioni con le quali è posto a confronto. E’ “io” voglio quello che è buono, “io” non voglio quello che è cattivo, “io” non voglio avere relazioni con quello che mi è indifferente. Queste pretese dell’ego fanno sì che si impegni in ogni sorta di lotta per ottenere quello che gli piace ed evitare quello che gli è sgradevole. Sfortunatamente e paradossalmente, la sua lotta, invece di raggiungere i suoi fini gli crea dispiaceri, condizionamenti e sofferenze!
Questo modo di funzionare dell’ego è il nostro abituale condizionamento nel quale costruiamo la nostra personale sofferenza.


lunedì 26 dicembre 2011

Il Sutra del Cuore

Il Sutra del Cuore della Grande Saggezza che-va-oltre.
Il Bodhisattva Avalokita,
immerso nella profonda Saggezza che-va-oltre,
vide la natura vuota dei cinque aggregati,
superando così ogni dolore.
- O Shariputra, la forma non è diversa dal vuoto,
il vuoto non è diverso dalla forma.
La forma è vuoto, il vuoto è forma.
Così anche per sensazioni, percezioni, tendenze e coscienze.
- O Shariputra, tutti i fenomeni sono per natura vuoti:
mai nati né estinti; mai impuri né puri;
mai crescenti né decrescenti.
Perciò, nel vuoto, non ci sono
forma, sensazione, percezione, tendenza, coscienza;
né occhio, orecchio, naso, lingua, corpo, mente;
né colore, suono, odore, sapore, contatto, idea.
Non c'è regno visivo, e così via fino alla coscienza mentale.
Non c'è ignoranza, né la sua fine e così via
fino alla vecchiaia e morte, né la loro fine.
Non c'è sofferenza, né causa, né estinzione, né Sentiero.
Non c'è conoscenza, né ottenimento.
Poiché nulla vi è da ottenere,
il bodhisattva saldo nella Saggezza che-va-oltre,
vive con la mente libera da ostacoli.
Senza ostacoli non ha timore,
abbandona per sempre le illusioni ed entra nel nirvana.
Vivendo nella Saggezza che-va-oltre, tutti i Buddha dei tre tempi
realizzano la suprema, perfetta illuminazione.
- Sappi, quindi, che la Saggezza che-va-oltre
è il sublime mantra, grande mantra luminoso,
mantra supremo, mantra incomparabile,
capace di dissolvere ogni sofferenza.
E' vero, senza errori.
Recita, perciò, il mantra della Saggezza che-va-oltre,
il mantra che dice:
GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA.
GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA.
GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA.

Il picco degli Avvoltoi, Rajgir (India).


 
 

lunedì 14 novembre 2011

CHOGYAL NAMKHAI NORBU

   Chögyal Namkhai Norbu nasce a Derghe, nel Tibet orientale, nel 1938. Da bambino viene riconosciuto come reincarnazione del grande Maestro di Dzogchen Adzom Drugpa (1842-1924) e successivamente, dal sedicesimo Karmapa, come la reincarnazione di Shabdrung Ngawang Namgyal (1594-1651), primo Dharmaraja del Bhutan.
   Ancora adolescente completa il rigoroso percorso di studi tradizionale, ricevendo insegnamenti da alcuni dei più grandi maestri dell’epoca. Nel 1955 incontra Changchub Dorje (1826-1961), il suo principale maestro di Dzogchen, il cui stile di vita e modo di insegnare lo ispireranno profondamente.
   Nel 1960, in seguito al deterioramento della situazione sociale e politica in Tibet, si trasferisce in Italia accettando l’invito del Prof. Giuseppe Tucci, noto orientalista, e contribuendo così a dare un impulso concreto alla diffusione della cultura tibetana in Occidente. Nei primi anni sessanta lavora all’Ismeo (Istituto per il Medio e l’Estremo Oriente) a Roma, e in seguito, dal 1962 al 1992, insegna lingua e letteratura tibetana e mongola all’Istituto Universitario Orientale di Napoli. I suoi lavori accademici denotano una profonda conoscenza della civiltà tibetana, e una tenace volontà di mantenere vivo e facilmente accessibile lo straordinario patrimonio culturale del Tibet.
   Alla metà degli anni settanta, dopo avere insegnato per alcuni anni Yantra Yoga a Napoli, Chögyal Namkhai Norbu incomincia a dare insegnamenti Dzogchen, incontrando un crescente interesse dapprima in Italia e poi in tutto l’Occidente. Nel 1981 fonda la prima sede della Comunità Dzogchen ad Arcidosso, in Toscana. Nel corso degli anni migliaia di persone diventano membri della Comunità Dzogchen in tutto il mondo. Sorgono centri negli Stati Uniti, in varie parti d’Europa, in America Latina, in Russia e in Australia.
   Nel 1988 Chögyal Namkhai Norbu fonda ASIA (Associazione per la Solidarietà Internazionale in Asia), un’organizzazione non governativa impegnata soprattutto in progetti educativi e medico-sanitari rivolti alla popolazione tibetana.
   Nel 1989 Chögyal Namkhai Norbu fonda l’Istituto Shang Shung con il compito di salvaguardare la cultura tibetana promuovendone la conoscenza e la diffusione.
   Ancora oggi Chögyal Namkhai Norbu viaggia costantemente in tutto il mondo tenendo conferenze e ritiri cui partecipano migliaia di persone.

domenica 13 novembre 2011

KYABJE KALU RINPOCE

   Lama Vajradhara Kalu Rinpoche nacque nella provincia del Kham, Tibet orientale, nell’anno 1904. La Sua venuta al mondo fu accompagnata da segni meravigliosi di buon auspicio, come fiocchi di neve a forma di fiori che si depositarono sul tetto della casa e un arcobaleno che circondò la stessa. Sua madre e i presenti testimoniarono che, per nulla intimorito, si guardò attorno, radioso e sorridente, e pronunciò il mantra delle sei sillabe, OM MANI PEME HUNG, e diverse parole sulla propagazione degli insegnamenti Kagyupa.
   Fu riconosciuto come un’emanazione di Jamgön Kontrül Lodrö Taye (1813-1899), il principale artefice del movimento non settario di apertura tra le differenti scuole Buddhiste tibetane.
Rinpoche iniziò all’età di circa sette anni lo studio della dottrina tradizionale e ricevette a dodici anni, al grande monastero di Pelpung, l’ordinazione monastica dall’undicesimo Situpa, Pema Wangchuk Gyalpo (1886-1952), che gli conferì il nome di Karma Ranjung Künkhyab. Proseguì gli studi e conseguì giovanissimo il titolo di dottore in Scienze tradizionali (Khenpo).
   Presso lo stesso monastero iniziò, sedicenne, il tradizionale ritiro di tre anni e tre mesi sotto la guida di Lama Norbu Tönkün Druppa. In seguito ricevette insegnamenti e iniziazioni da altri numerosi Maestri, tra cui S. S. il XIV Dalai Lama (1935), S. S. il XVI Gyalwa Karmapa (1924-1981) e Dudjom Rinpoche (1904-1987). Dopo vari pellegrinaggi nei luoghi sacri del Tibet, a partire dai venticinque anni, Rinpoche trascorse dodici anni in ritiro solitario, in grotte e altri luoghi isolati.
   Successivamente, su richiesta del Suo Lama Radice, diresse i ritiri di tre anni a Pelpung, un'attività che esercitò per molti anni, formando un gran numero di discepoli. Nel 1955, S. S. il XVI Gyalwa Karmapa lo invitò a recarsi in India e in Bhutan per preparare l’esodo dei Buddhisti dal Tibet in seguito all’occupazione cinese. In Buthan accettò l'invito di diventare abate di un grande monastero oltre che cappellano della famiglia reale.
   A Sonada, presso Darjeeling in India, fondò nel 1962 un Centro di ritiri e vi stabilì la Sua sede. Lì, intorno al 1968, lo incontrarono i primi occidentali che sarebbero diventati i suoi discepoli. Come patriarca della tradizione "shangpa", divenne uno dei maestri spirituali più stimati da tutte le tradizioni tibetane, famoso soprattutto per la sua realizzazione e per l'insegnamento degli yoga spirituali e delle pratiche più elevate, il mahamudra e lo dzogchen.
   Dal 1971 fino alla Sua morte (10 maggio 1989), ha compiuto molti viaggi in Europa, America ed Asia, facendo dono dei Suoi preziosi insegnamenti e dando iniziazioni e benedizioni a moltissime persone. Ha fondato oltre settanta Centri di Dharma in tutto il mondo, tra i quali, nel 1980 a Pinerolo, il Centro Milarepa, nuovamente visitato da Rinpoche nel febbraio 1983 e nel dicembre 1984.
   Grazie alle Sue complete realizzazioni spirituali e spinto dal Suo immutabile voto di guidare gli esseri verso la definitiva liberazione dalla sofferenza, Lama Ranjung Künkhyab Kalu Rinpoche si manifesta oggi in una nuova esistenza nella persona di Kyabdje Yangsi Kalu Rinpoche. Tulku Yangsi Kalu Rinpoche è nato il 17 settembre 1990 a Sonada, ed è stato riconosciuto come rinascita di Kalu Rinpoche da S. S. il XIV Dalai Lama e da S. E. Tai Situ Rinpoche, e la Sua sovranità spirituale è stata ufficialmente celebrata nel Suo monastero di Sonada il 28 febbraio 1993, alla presenza dei Maestri di tutte le scuole di Buddhismo e dei Lama rappresentanti i Centri di Dharma asiatici e occidentali da Lui fondati nella vita precedente.


VAJRACARYA LAMA DENYS TENDRUP

   Nato a Parigi nel 1949. Ha studiato in diversi istituti pubblici e privati per poi intraprendere gli studi di medicina e, parallelamente, di filosofia e psicologia. Scopre il pensiero tradizionale dell’Oriente e nella sua ricerca di un insegnamento autentico durante un viaggio in India nel 1968 incontra Sua Santità Kyabdje Kalu Rinpoce (1904-1989), uno dei più grandi maestri contemporanei del buddhismo mahayana e vajrayana. Al suo seguito, inizia la sua formazione nel dharma e diventa suo discepolo. Al suo ritorno a Parigi inizia a studiare il tibetano alla Scuola nazionale di lingue orientali.
   Poco dopo incontra in Scozia il Vidyadhara Chogyam Trungpa Rinpoce (1940 – 1987), celebre per la sua capacità di introdurre al dharma con un linguaggio adatto all’Occidente.
Lama Denys stabilisce con Trungpa una profonda connessione spirituale.
   L’anno seguente lascia la Francia e raggiunge Kalu Rinpoce nel suo monastero di Sonada Darjeeling, nei contrafforti dell’Himalaya indiano. Sotto la sua personale direzione, Lama Denys segue per dieci anni una formazione tradizionale teorica e pratica. Fa numerosi ritiri, studia i testi tibetani ed in particolare riceve direttamente da Kalu Rinpoce le direttive speciali per la pratica di mahamudra.
Studia presso la Vishva Bharati University di Santiniketan dove ottiene il diploma di studi indo-tibetani. In uno spirito “Rimé”, di “apertura a tutte le tradizioni”, egli riceve le più importanti iniziazioni, trasmissioni ed istruzioni sia da Kalu Rinpoce, che da S.Santità il Karmapa XVI (1921-1981) e da numerosi tra i più grandi maestri delle diverse scuole tibetane. Divenuto l’interprete personale di Kalu Rinpoce, Lama Denys lo accompagna nei suoi primi viaggi in Occidente e partecipa alla fondazione dei centri di Dharma che cominciano a nascere.
   Nel 1976 completa il primo ritiro tradizionale di tre anni condotto in Occidente. Una volta uscito dal ritiro Kyabje kalu Rinpoce gli affida la direzione di un centro di dharma in un’antica certosa abbandonata in Savoia che, una volta restaurata, diventerà l’Istituto Karma Ling. Inoltre Kalu Rinpoce lo nomina drupon, direttore di ritiro dei tre anni, e nel 1984 lo designa Vajracarya, ovvero “maestro del vajrayana”. Lama Denys viene così investito formalmente del potere di insegnare e di trasmettere il vajrayana, ed in particolare gli insegnamenti del lignaggio Shangpa.
   Divenuto l’erede spirituale di Kyabje Kalu Rinpoce, Denys Rinpoce da trent’anni accompagna numerosi occidentali sul cammino del risveglio. La sua duplice formazione, universitaria in Francia e di lama nella tradizione tibetana, accompagnata da lunghi ritiri ne fanno un insegnante completo. In particolare viene stimato e riconosciuto per la chiarezza dei suoi insegnamenti sull’essenza della via del Buddha esposti in una lingua occidentale ed in termini adatti al mondo moderno.
   Lama Denys è Superiore della Congregazione Dachangrime riconosciuta dallo stato francese e presidente onorario dell’Unione Buddhista Europea. Attraverso il Karma Ling e la sua attività infatigabile a livello internazionale, Lama Denys opera secondo lo spirito Rimé, non settario, per promuovere l’incontro tra Oriente ed Occidente non solo attraverso le varie tradizioni spirituali ma anche le diverse culture e discipline scientifiche, lo spirito di coope razione e l’ecologia. Lama Denys ed il Sangha Rime hanno stretto un legame spirituale particolare con Kundun il Dalai Lama (invitato al karma Ling il 1993 ed il 1997), Gyalwang Karmapa Orgyen Trinlé Dorje (invitato nel 2010), Sua Eminenza Tai Situpa, Jyabje Bokar Rinpoce, il Vajradhara Trungpa Rinpoce, e Chogyal Namkhai Norbu Rinpoce. 


SOGYAL RINPOCHE

Sogyal Rinpoche, maestro tibetano di buddhismo noto in tutto il mondo, è l’autore dell’apprezzatissimo Il Libro tibetano del vivere e del morire.
Nato nel Tibet orientale, nella provincia del Kham, Sogyal Rinpoche è stato riconosciuto da bambino quale incarnazione di Tertön Sogyal Lerab Lingpa (1856-1926), grande maestro e santo famoso per le sue visioni. La formazione tradizionale di Rinpoche, quale lama tibetano, è avvenuta sotto l’attenta supervisione di Jamyang Khyentse Chökyi Lodrö, uno dei più eminenti maestri spirituali del XX secolo, che lo ha cresciuto come un figlio.
Nel 1971 Rinpoche si è recato in Gran Bretagna, dove ha ricevuto una formazione occidentale e ha studiato Religioni comparate all’Università di Cambridge. Ha proseguito i suoi studi sotto molti altri grandi esponenti di tutte le scuole del buddhismo tibetano, in particolare Kyabjé Dudjom Rinpoche e Kyabjé Dilgo Khyentse Rinpoche.
Dopo aver iniziato come traduttore e assistente dei suoi amati maestri, Rinpoche ha incominciato anch’egli a insegnare; ha viaggiato molto, e ha molto osservato la realtà della vita della gente; ha cercato un modo per tradurre gli insegnamenti del buddhismo tibetano rendendoli pertinenti agli uomini e donne del nostro tempo, quale che sia la loro fede, traendone un messaggio universale, senza mai perderne l’autenticità, la purezza e la forza.
Ne è nato un suo stile di insegnamento unico; la vivida dimostrazione della sua capacità di creare un’atmosfera straordinariamente calorosa e di adeguare gli insegnamenti alla vita moderna, è il Libro tibetano del vivere e del morire, un’opera pionieristica di cui sono state stampate più di due milioni di copie in cinquantasei paesi e in trentun lingue.
Sogyal Rinpoche è inoltre fondatore e direttore spirituale di Rigpa, un network internazionale di gruppi e centri buddhisti. Sono ormai più di trent’anni che Rinpoche insegna in Europa, America, Australia e Asia, ove si rivolge a migliaia di persone durante i ritiri e le tournée di insegnamento.
Viene spesso invitato come relatore in importanti congressi, dove interviene su un gran numero di argomenti che vanno da medicina e guarigione al dialogo interreligioso, da pace e nonviolenza al mondo degli affari e della leadership, all’accompagnamento dei morenti e gli hospice.