mercoledì 24 novembre 2010

Impegnati sulle vie del Bodhisattva - di Shantideva.

Mediante le virtù di questo sforzo compiuto per accedere alle vie che conducono all'illuminazione, tutti gli esseri viventi vengano ad impegnarsi in questa strada. Possano tutti gli esseri, ovunque si trovino, sofferenti nel corpo e nella mente, ottenere un oceano di felicità e di gioia per virtù dei miei meriti. Perché fintantoché essi rimangono nell'esistenza ciclica possa la loro felicità terrena mai diminuire, e possano tutti loro ininterrottamente ricevere onde di gioia da Bodhisattva.

Possano coloro che sono indeboliti dal freddo trovare calore e possano coloro che sono oppressi dal calore trovare refrigerio nelle illimitate acque che sempre scorrono dalle grandi nuvole dei (meriti) di Bodhisattva.

Possano tutti gli animali essere liberi dalla paura di essere divorati gli uni dagli altri; possano gli affamati fantasmi essere felici quanto gli uomini del Continente Settentrionale.

Possano i ciechi riconoscere le forme, possano i sordi udire i suoni, e come avvenne a Mayadevi, possa ogni donna incinta partorire senza dolore. Possa il nudo trovare il vestito, e l'affamato il cibo; possa il disperato trovare nuova speranza, costante felicità e prosperità.

Possano tutti coloro che sono sofferenti e malati rapidamente essere liberati dalla loro sofferenza, e possa mai più verificarsi alcuna malattia nel mondo.

Possa il timoroso cessare di avere paura e coloro che sono prigionieri essere liberati; possano gli impotenti trovare il potere, e possa la gente avere pensieri di amicizia. Possano tutti i viandanti trovare felicità, ovunque si rechino, e senza alcuno sforzo siano in grado di compiere quanto si sono proposti di fare.

Possano coloro che salpano con nave o barca ottenere qualunque cosa essi desiderino, e dopo essere felicemente tornati a casa ritrovarsi in gioia con i loro parenti.

Possano i viandanti inquieti che hanno perduto la strada incontrare compagni di viaggio e senza alcun timore di ladri o tigri possa il loro cammino essere facile, senza alcuna fatica.

Possano coloro che si trovano nello spaventoso deserto senza sentiero, i bambini, gli anziani, gli abbandonati, gli stupidi ed i malati di mente essere protetti da benefattori celesti.

Possano tutte le donne incinte partorire senza dolore, come la tesoreria dello spazio, e senza (ciò che è l'origine di) dispute o torto alcuno, possano esse godere come desiderano.

Possano tutte le creature incarnate ininterrottamente ascoltare il suono di Dharma proveniente da uccelli ed alberi, raggi di luce e dello spazio stesso.

Possano i Celesti portare le piogge nel giusto momento, affinché il raccolto sia abbondante.

Possano i regnanti sempre agire in accordo con Dharma ed i popoli della terra sempre prosperare.

Possa nessuna creatura vivente mai soffrire, fare del male o ammalarsi; possa nessuno avere paura o essere sminuito, o il suo animo essere depresso.

Possano le creature mai sperimentare la miseria di regni inferiori, e possano mai conoscere alcuna privazione. In una forma fisica superiore a quella degli dei possano esse rapidamente raggiungere il buddismo. Infatti, finché durerà lo spazio e finché vi saranno esseri viventi, fino ad allora anch'io mi impegnerò a cacciare la miseria dal mondo.

Possano tutte le pene delle creature viventi maturare (unicamente) su di me, e attraverso la potenza del Bodhisattva Sangha possano tutti gli esseri provare la felicità.

Brani tratti dall'introduzione di "Impegnati sulle vie del Bodhisattva", del santo e saggio buddista Shantideva, vissuto nell'ottavo secolo.

venerdì 12 novembre 2010

Prima Paramita: La Generosità

La pratica della generosità e la prima perfezione in essa vanno distinte le offerte ai Tre Gioielli e i doni destinati a tutti gli esseri senzienti.

Le offerte
Conoscendo e tenendo ben presenti le qualità dei Tre Gioielli, possiamo far loro vari tipi di offerte, con grande fiducia tradizionalmente, si tratta di offerte simboliche acqua pura, fiori, incenso luce (una lampada al burro una candela, e cosi via), acqua profumata vivande caratterizzate da aromi e sapori diversi, suoni melodiosi al Sangha possiamo anche offrire cibo degli abiti, alloggio o qualsiasi altro bene materiale necessario, oppure vari ornamenti per i templi.
Una seconda categoria di offerte, questa volta mentali, può includere tutto ciò che esiste da sempre, che si tratti delle terre divine o umane con tanto di campi  montagne, fiumi  oceani, tutti gli specchi d'acqua  tutte le aiuole, i prati, le foreste, i frutti, i cereali, tutte le abitazioni, i cibi, le vesti, le sete, i broccati, i gioielli, i beni e ciò che si possiede, tutti i giovani, ragazzi e ragazze, gli animali domestici, i daini e le cerbiatte, gli uccelli e gli animali selvatici......
Possiamo infine fare offerte mentali di altro genere, immaginandoci forme meravigliose sonorità armoniose fragranze squisite, sapori deliziosi, delicate e lievi sensazioni tattili, o qualsiasi oggetto di conoscenza che sia gradevole per la mente oltre che diversi oggetti concreti o offerte simboliche come gli otto segni di buon augurio, ì sette attributi regali del potere temporale, le otto sostanze di buon augurio Immaginando che tutte queste offerte si estendano fino ai confini dello spazio, le presentiamo ai Tre gioielli e alle Tre radici.
Qual e l'utilità di tutte queste offerte? Chi le riceve, i lama, i buddha e i bodhisattva hanno portato a termine i due sviluppi delle azioni benefiche e dell'intelligenza non-mediata, realizzando quindi la vera natura di ogni cosa. La conoscenza suprema essendo per loro qualcosa di acquisito, hanno domato e liberato la loro mente, e sono liberi dal pensiero egoico e dall'attaccamento a qualsiasi offerta. Ciò nonostante, proprio perche sono sublimi, accettano con piacere queste offerte affinché possa crescere il karma positivo di chi ha fiducia in loro.
Dal momento che hanno questo amore e queste capacita, se facciamo loro delle offerte con fiducia e rispetto, possiamo a nostra volta portare a compimento lo sviluppo delle azioni benefiche, accedendo a quello dell'intelligenza non-mediata Le offerte, dunque, ci consentono di praticare contemporaneamente entrambi gli sviluppi.
Il seme di un albero porta frutto grazie all'interazione di diversi agenti interdipendenti, quali la terra, l'acqua, il calore e l'aria Allo stesso modo, il carattere sublime di coloro a cui l'offerta e diretta, la loro benevola accettazione l'eccellenza di ciò che offriamo e la fervente devozione che motiva l'offerta stessa formano un insieme benefico di agenti e cause Grazie alla pratica congiunta del duplice sviluppo lungo tutto il cammino, li portiamo entrambi a compimento ottenendone il frutto 1 Tre corpi del buddha.
I doni
Il dono è animato dalla compassione nei confronti di rutti gli esseri senzienti sballottati dalle onde delle apparenze illusorie.
Si distinguono quattro tipi principali di dono:
a: doni materiali dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, dare abiti a coloro che non li hanno dare i propri beni agli indigenti, eccetera,
b: il dono della protezione offrire un rifugio a chi ha paura, medicine ai malati, eccetera
c: il dono dell'amore riconfortare 1 sofferenti. Per mezzo di un grande amore, possiamo far dono dei nostri beni e persino del nostro corpo,
d: il dono del dharma mormorare all'orecchio degli esseri senzienti i nomi del buddha profonde formule sacre, mantra, oppure insegnare il dharma a che lo desidera e cosi via.
La generosità ha come oggetto gli esseri senzienti come causa una grande compassione, come attività i quattro tipi di dono La sua pratica permette di portare A compimento entrambi gli sviluppi, e il suo frutto è duplice da un lato il conseguimento per se stessi del dharrmakaya, e dall'altro il conseguimento dei due corpi formali che si manifestano per aiutare gli esseri senzienti.



domenica 7 novembre 2010

Il risveglio di Siddhartha - Parte II

Siddhartha si sedette nella posizione del loto e osservò il fiume scorrere tranquillamente, mentre una leggera brezza faceva stormire l'erba lungo la riva. Nell'oscurità la foresta era quieta, sebbene brulicante di vita. Migliaia di insetti turbinavano attorno a lui. Egli focalizzo' la sua coscienza sulla respirazione e chiuse dolcemente gli occhi, mentre la stella della sera appariva nel cielo.

Grazie alla Totale Consapevolezza, la mente, il corpo e il respiro di Siddhartha erano divenuti una cosa sola. La sua pratica gli consentiva di sviluppare grandi poteri di concentrazione che egli utilizzava per proiettare la luce della sua coscienza sul suo corpo e sul suo spirito. A uno stadio meditativo più  profondo, percepì'la presenza di molteplici esseri nel proprio corpo: vite organiche e inorganiche, minerali, schiume, erbe, insetti, animali ed anche umani. Vide che, nello stesso istante, altri esseri parimenti lo contenevano ed ebbe la visione delle proprie vite passate, di tutte le sue nascite e di tutte le sue morti. Assistette alla creazione e alla distruzione di migliaia di mondi e di altrettante stelle. Senti' in sè le pene e le gioie di ciascun essere vivente, nati da una madre, da un uovo, dalla scissione, dividendosi essi stessi a loro volta in nuove creature. Ciascuna cellula del suo corpo conteneva il Cielo e la Terra e viaggiava attraverso i tre tempi: il passato, il presente e il futuro. Questa fu la sua prima visione della notte.

Gotama conobbe successivamente una fase ancora più profonda di meditazione. Vide innumerevoli mondi nascere e scomparire, infiniti esseri attraversare miliardi di nascite e di morti. Si rese conto che tali avvenimenti non erano altro che fenomeni esteriori e irreali, paragonabili ai milioni di onde che si formano e scompaiono sulla superficie del mare eterno. Se le onde avessero compreso di non essere altro che acqua, avrebbero superato la nozione di nascita e di morte e avrebbero conosciuto la vera pace interiore, sbarazzandosi in tal modo di ogni paura. Tale rivelazione permise a Gotama di trascendere il ciclo delle nascite e delle morti ed egli sorrise. Il suo sorriso era simile a un fiore che s'apriva in quella notte profonda, illuminandosi di un alone di luce. Era il sorriso della comprensione sublime, l'intuizione della purificazione da ogni macchia. Questa fu la sua seconda visione.

Proprio in quel momento, scoppiò un temporale, alcuni lampi squarciarono il cielo, pesanti nubi nere nascosero la luna e le stelle, la pioggia cadde. Gotama, bagnato fino alle ossa, non si mosse e prosegui'nella meditazione.

Senza esitazioni, proiettò la luce della sua coscienza sul suo spirito. Vide che tutti gli esseri umani soffrivano, non riconoscendo di prendere parte a una medesima realtà, insieme a tutte le altre creature. L'ignoranza faceva sorgere un'infinità di dispiaceri, di confusione, di problemi e causava l'avidità, la collera, l'arroganza, il dubbio, la gelosia e la paura. Imparando a pacificare il nostro spirito, allo scopo di osservare profondamente la vera natura di ogni cosa, noi possiamo raggiungere la perfetta comprensione che dissolve pene ed angosce, e genera accettazione e amore.

Gotama si rese conto che la comprensione e l'amore non erano che una sola cosa. Senza comprensione, non può esservi vero amore. La personalità di ciascun individuo è formata da fattori fisici, emozionali e sociali. Se comprendiamo questo, non odieremo più persino chi si comporta con crudeltà e potremo aiutarlo a trasformare i suoi fattori fisici, emozionali e sociali. La comprensione ha per corollario la compassione e l'amore che, a loro volta, conducono alla giusta azione. Per amare, occorre innanzi tutto comprendere.

La chiave della liberazione è la giusta comprensione. Per conseguirla, occorre vivere in Totale Consapevolezza, a contatto diretto con la vita nel momento presente, osservando ciò che accade esattamente, in noi e attorno a noi. La Totale Consapevolezza rafforza la nostra capacità di praticare l'osservazione profonda. Quando noi riusciamo a penetrare con intensità nel cuore delle cose, queste ci si rivelano. Il tesoro segreto della Totale Consapevolezza allora ci appare e ci conduce alla liberazione e al Risveglio. Grazie alla comprensione, al pensiero, alla parola, all'azione, alla vita, allo sforzo, alla coscienza e alla concentrazione giuste, l'esistenza diviene radiosa. Siddhartha diede a tale via il nome di Nobile Sentiero: aryamarga.

Osservando in profondità il cuore di tutti gli esseri, Siddhartha ebbe la visione precisa dello stato di spirito in cui si trovavano. Fu capace di comprendere le loro grida di sofferenza e di gioia. Raggiunse i livelli della visione e dell'udito divini, acquisì la capacità di viaggiare in ogni direzione senza spostarsi. Giunse adesso alla fine della terza tappa. Il temporale era cessato. Le nuvole si diradarono, per lasciar brillare la luce pallida della luna e delle stelle.

Gotama sentì aprirsi la prigione, in cui era stato confinato durante le sue migliaia di esistenze. La sua guardiana, l'ignoranza, gli aveva offuscato la mente con fitti veli. Essa, ingannata da incessanti pensieri illusori, aveva falsamente diviso la realtà in soggetto e oggetto, in me e altri, in esistenza e non-esistenza, in nascita e morte. Da queste false concezioni era nata l'illusione della prigionia nella trappola delle sensazioni, dei desideri insaziabili, dell'avidità' del guadagno e del divenire. Le sofferenze causate dalla nascita, dalla vecchiaia, dalla malattia e dalla morte avevano contribuito a consolidare le mura di questo carcere. L'unica reazione davvero efficace consisteva nell'agguantare la guardiana di questa prigione, per comprenderne la vera natura. Il solo metodo capace di sconfiggerla era il Sentiero delle Otto Giuste Pratiche. Una volta debellata la carceriera, anche la prigione sarebbe scomparsa, per sempre.

L'asceta Gotama sorrise e pensò: O guardiana, ora ti vedo. Per quante vite mi hai tenuto nella cella della nascita e della morte ? Adesso, distinguo chiaramente i tuoi tratti, non potrai costruire mai più mura attorno a me.

Alzando lo sguardo, Siddhartha vide la stella del mattino all'orizzonte, che scintillava come un gigantesco diamante. L'aveva osservata ripetutamente. In quel giorno, gli pareva di scoprirla per la prima volta. Lo spettacolo era così abbagliante da essere la manifestazione dell'Illuminazione. Siddhartha restò a contemplare la stella e si disse, colmo di compassione:

Tutti gli esseri possiedono i semi del Risveglio. Purtuttavia, essi annegano nell'oceano delle nascite e delle morti attraverso innumerevoli esistenze !

Aveva realizzato la Via suprema e raggiunto lo scopo. Adesso, il suo corpo conosceva la pace e la gioia. Pensò a tutti gli anni di ricerca segnati da delusioni e cimenti. Pensò al padre, alla madre, alla zia, a Yasodhara, a Rahula, a tutti gli amici. Rivide il palazzo, Kapilavastu, il suo popolo e il suo paese e tutti coloro che sopportavano privazioni e soffrivano la povertà, specialmente i bambini. Si fece la promessa di mettere a disposizione di tutti la sua scoperta, per aiutare gli esseri a liberarsi da soli delle loro sofferenze. Dal profondo di sè sgorgò un amore senza limiti per tutta l'umanità.

Il risveglio di Siddhartha - Parte I

(Traduzione dal francese a cura del Comitato Traduzioni Sangha Rime' Italia da Sur les traces de Siddharta, in UDAHO II,2) 

Sotto l'albero pippal (nome attribuito all'albero della bodhi), l'asceta Gotama focalizzò i suoi grandi poteri di concentrazione sull'osservazione profonda del suo corpo. Ciascuna delle sue cellule era come una goccia d'acqua nel flusso perpetuo della nascita, dell'esistenza e della morte. Egli non riuscì a trovare nulla, nel corpo, che fosse permanente o che contenesse un sè separato. Mescolata al fiume del corpo, vi era la corrente delle sensazioni, nella quale ciascuna sensazione era come una goccia d'acqua. Tutte le gocce si mescolavano in un processo di nascita, d'esistenza e di morte. Alcune sensazioni erano gradevoli, altre sgradevoli, altre ancora neutre. Tutte però erano impermanenti, apparendo e scomparendo come le cellule del corpo. Con l'ausilio della sua eccezionale concentrazione, Gotama esplorò il flusso delle percezioni che scorreva a fianco dei flussi del corpo e delle sensazioni. Le gocce di questo fiume di percezioni si urtavano l'un l'altra e si influenzavano nel corso del loro processo di apparizione, di conservazione e di scomparsa. Se le nostre percezioni sono fedeli, la realtà si rivela allora da sola con facilità. Al contrario, se sono false, la realtà resta occultata. Gli esseri vivono prigionieri di un'illimitata sofferenza, a causa delle loro percezioni erronee, credendo permanente ciò che è impermanente, dotato di sè ciò che ne è privo, immortale ciò'che nasce e muore, inseparabile ciò che può essere diviso.
Gotama diresse quindi la sua attenzione sugli stati mentali che sono all'origine delle sofferenze, la paura, l'ira, l'odio, l'arroganza, la gelosia, l'invidia e l'ignoranza. Utilizzò la coscienza totale, radiante in lui come un fulgido sole, per rischiarare la natura di tutti i sentimenti negativi e vide che la loro origine era radicata nell'ignoranza. Antitesi della Totale Consapevolezza, essi erano oscurità, assenza di luce. Intuì'che la chiave della liberazione dovesse consistere nello spezzare quest'ignoranza e nel penetrare in profondità l'essenza del reale, non attraverso l'intelletto, ma attraverso la sua esperienza diretta.

Nel passato, Siddhartha aveva utilizzato metodi differenti per vincere la paura, l'ira e l'avidità, i quali tuttavia non avevano portato frutto, in quanto non rappresentavano che tentativi di sopprimere i sentimenti e le emozioni. Egli comprese in quel momento che la ragione profonda del suo scacco era l'ignoranza e che, se fosse giunto a liberarsene, gli ostacoli mentali sarebbero scomparsi da soli, come ombre che si dissolvono di fronte al sole che sorge. Le visioni di Siddhartha erano la conseguenza della sua intensa concentrazione.

Sorrise e alzò gli occhi verso una foglia di pippal che si staccava sul fondo blu del cielo e s'agitava al vento come se intendesse fargli segno di qualcosa. Osservandola con attenzione, egli vi scorse chiaramente la presenza del sole e delle nuvole, in effetti, senza sole, calore e luce, quella foglia non avrebbe potuto esistere,questo è, perché quello è, quello è, perché questo è. Distinse anche, nella foglia, la presenza delle nuvole, senza nuvole non vi è pioggia, dunque nessuna foglia. Parimenti, in essa osservava la terra, il tempo, lo spazio e la mente, tutti quanti erano presenti nella foglia. La sua esistenza era un miracolo meraviglioso.

Anche se si ritiene abitualmente che le foglie nascano a primavera, Gotama si rese conto che esse preesistevano da lungo tempo: nella luce del sole, nelle nuvole, nell'albero e in lui stesso. Vedendo che la foglia non era mai nata, comprese che pure lui non era mai venuto all'esistenza. La foglia e lui stesso si erano semplicemente manifestati, nella loro forma attuale, in un tempo determinato, e se essi non erano mai nati, parimenti, non potevano morire. Grazie a tale visione, le idee di nascita e di morte, di apparizione e di scomparsa, svanirono. La vera natura della foglia e di se stesso si rivelarono spontaneamente. Poteè rendersi conto che, per interazione, l'esistenza di un fenomeno rendeva possibile quella di tutti gli altri. Una sola manifestazione conteneva tutte le altre. Tutte quante, in effetti, erano una sola.

La foglia e il suo corpo non erano che una cosa sola, non possedevano un sé separato e non esistevano indipendentemente dal resto dell'universo. Vedendo la natura interdipendente di tutti i fenomeni, Siddhartha ne realizzò altre si la vacuità, il fatto che tutte le cose sono prive di un sè isolato e separato. Comprese che la chiave della liberazione si trovava in questi due principi di interdipendenza e di non sè. Le nuvole scorrevano adesso nel cielo, formando una cortina bianca dietro il pippal diafano. A sera, avrebbero forse incontrato un fronte freddo e si sarebbero trasformate in pioggia. Le nuvole erano una manifestazione, e la pioggia un'altra, di un solo e medesimo fenomeno. Parimenti, le nuvole non erano mai nate e non sarebbero mai scomparse. Se fossero state capaci di comprendere questo, esse avrebbero cantato di gioia, divenendo pioggia battente sopra montagne e foreste.

Illuminando i fiumi del suo corpo, delle sue sensazioni, delle sue percezioni, delle sue formazioni mentali e della sua coscienza, Siddhartha comprese adesso che l'impermanenza e la vacuità di sè erano le condizioni sine qua non dell'esistenza e della vita, i principi senza i quali nulla poteva nascere nè svilupparsi. Se un chicco di riso non avesse posseduto un'esistenza mutevole e sprovvista di un sè personale, non avrebbe mai potuto svilupparsi e divenire una pianta di riso. Se le nuvole fossero state dotate di un sè proprio e immutabile, non avrebbero mai potuto divenire tali.

Così, egli pensò, accettare la vita significa accettare l'impermanenza e la vacuità'di sè. La radice della sofferenza sta nella credenza erronea della permanenza e dell'esistenza di un sè individuale, separato. Realizzando ciò, ognuno si sarebbe accorto che non vi è nè nascita, nè morte, nè creazione, nè distruzione, nè uno, nè molteplice, nè interiore, nè esteriore, nè grande, nè piccolo, nè puro, nè impuro. Queste non sono altro che false distinzioni, create dall'intelletto. Se un essere accede alla natura vuota di tutte le cose, potrà trascendere ogni barriera mentale e liberarsi dal ciclo della sofferenza.

Giorno e notte Gotama meditò sotto l'albero pippal, proiettando la luce della sua consapevolezza sul suo corpo, sulla sua mente e sull'universo intero. I suoi cinque amici l'avevano abbandonato e d'ora in poi la foresta, il fiume, gli uccelli e le migliaia di insetti che vivevano sulla terra e negli alberi, sarebbero stati i suoi soli compagni. Il grande albero pippal era il suo fratello spirituale, così come la stella della sera, che appariva allorché si sedeva a meditare sino a tarda notte.

Le ragazze del villaggio venivano a trovarlo tutti i pomeriggi. Un giorno, Sujata gli portò un dolce di riso, cotto con latte e miele. Svasti gli offri una bracciata d'erba kusa, fresca. Allorché la giovane contadina se ne andò Gotama ebbe l'intuizione che, quella notte, avrebbe conseguito il Risveglio. Aveva avuto, nel dormiveglia, numerosi ed insoliti sogni. In uno di essi si era veduto disteso di lato: le sue ginocchia toccavano l'Himalaya, la mano sinistra i fiumi del mare d'Oriente, la destra quelli d'Occidente. I suoi due piedi poggiavano sui bordi del mare del sud. In un altro sogno, un loto gigante si alzava dal suo ombelico, fino alle nuvole più alte. In un terzo, innumerevoli uccelli multicolori, provenienti da tutte le direzioni, volavano verso di lui. Tali segni annunciavano l'imminenza del Grande Risveglio.



lunedì 1 novembre 2010

Terza Paramita: La Pazienza

Quando parliamo delle sei paramita, parliamo degli ideali e delle azioni del Bodhisattva; basandoci sulla prime due paramita, la generosità e la moralità, svilupperemo la terza paramita e cioè la pazienza.
La pazienza è una delle pratiche più importanti nel buddhismo, il Buddha stesso ha detto "Non c'è miglior dharma della pazienza, non esiste un'altra pratica del dharma che praticare la pazienza". L'opposto della pazienza è la rabbia o l'odio. Il Buddha stesso ha detto "Non c'è motivazione pratica, o attitudine, più dannosa dell'odio e della rabbia". Le parole del Buddha non sono un ordine o un comandamento, ma sono una sorta di indicazione che viene dalla sua intelligenza razionale. Perché la pazienza è una pratica così importante e allo stesso tempo così difficile da praticare? Perché la rabbia, il suo opposto, è una delle attitudini mentali più dannose e più radicate dentro di noi.
Per parlare della pazienza dobbiamo per prima cosa avere chiaro quali sono gli svantaggi della rabbia e quali sono gli effetti distruttivi che produce dentro di noi. Quanto più è forte il dominio della rabbia su di noi tanto più è difficile superarla. Quando parliamo di rabbia non parliamo soltanto di quei momenti in cui questa viene fuori nei confronti di qualcuno, perché in realtà esiste sempre dentro di noi. Quando la rabbia appare e sgorga fuori e dentro di noi, in quello stesso momento dentro noi stessi non c'è più spazio per la pazienza. In quel preciso momento noi abbiamo perso il nostro equilibrio e siamo totalmente senza controllo: in questa situazione possono verificarsi molti problemi e possiamo compiere molti errori. Quando la rabbia alla fine scompare, ciò che rimane è soltanto il rimorso per quello che abbiamo sperimentato e per gli effetti distruttivi che ha provocato.
Dobbiamo tenere presente quali sono i poteri della rabbia, il suo potenziale distruttivo e quali sono i danni che può generare. La pazienza è l'unico mezzo che ha la capacità di ridurre gli effetti della rabbia dentro di noi, ma per far sì che questo accada, dobbiamo praticare la pazienza anche quando la rabbia non è presente. È importante rendersi conto che non bisogna praticare la pazienza soltanto nei momenti in cui esplode la rabbia, ma anche quando siamo in una situazione calma e tranquilla, confortevole e amichevole, imparando ad essere consapevoli della pazienza e a sviluppare un tipo di training mentale che ci permetta di essere consapevoli del fatto che siamo pazienti.
Questo è un mezzo molto efficace per ridurre il potenziale della rabbia.

Canonicamente la pazienza viene divisa in tre categorie differenti: la prima è quel genere di pazienza che ci permette di fronteggiare le reazioni che sorgono in noi quando siamo attaccati da altre persone: per esempio, se qualcuno ci minaccia o ci attacca con un bastone, noi dovremmo essere in grado di pensare che non è lui che ci sta colpendo, ma è il bastone, e indirettamente lui, ma è quell'arma che ha in mano che ci sta colpendo, lui ci colpisce mosso dalla sua rabbia.
C'è anche un'altra maniera di poter praticare la pazienza: anche se noi perdessimo qualcosa, ad esempio 100.000 lire, dovremmo essere in grado di dire "Bene, ho perso 100.000 lire, ma non ho perso la mia salute, e non ho perso tutto quello che avevo".
Queste sono occasioni per praticare la pazienza e sono un allenamento che ci aiuta a preservare la nostra pazienza e incrementare la nostra dignità, altrimenti ci comportiamo come quelle persone che, se gli cade una tazzina, per rabbia ne rompono anche un'altra. In questo caso c'è un'ulteriore distruzione, invece se rompiamo una tazzina dovremmo essere in grado di dire "Ne ho altre cinque". Questi sono solo degli esempi che danno un'idea della pazienza superficiale.

Il secondo livello di pazienza è quello che ci permette di accettare qualsiasi tipo di problema, di difficoltà e di sofferenza che ci può accadere. Ad esempio quando ci ammaliamo entriamo in depressione, ci abbattiamo e questo non fa che aggravare la malattia. L'ammalarci è una cosa naturale, in quanto il nostro corpo ha in sé la natura della malattia: la malattia è una disarmonia dei tre elementi che compongono il nostro corpo. Il nostro spirito è sempre lo stesso, non importa in quali condizioni sia il nostro corpo l'importante è che il nostro spirito sia centrato. Spesso invece succede che quando il nostro corpo si ammala, sentiamo che anche il nostro spirito si ammala e questo non fa che aggravare la situazione. Dovremo essere in grado di accettare questa condizione che è connaturata al nostro corpo.
Un altro esempio di questo tipo di pazienza è il traffico. Noi stiamo a Roma, una città dove esiste una concentrazione di milioni di persone e questo fa sì che ci sia molto traffico; dobbiamo essere consapevoli di questo fatto e non arrabbiarci quando siamo in macchina, suonando continuamente il clacson. Ok, vivo a Roma e c'è traffico. Questa è la pazienza che ci permette di affrontare problemi e difficoltà. Se noi abbiamo una capacità di accettare e di dare il benvenuto a queste difficoltà, questi non saranno più dei problemi, ma diventeranno una cosa normale. D'altra parte siamo sempre nel Samsara e in questa situazione ci sono molti problemi. Se ciò non fosse non saremo più nel Samsara, ma saremo liberati.
Questo tipo di accettazione delle difficoltà genera uno stato di tranquillità, di pace mentale che arricchisce le nostre qualità mentali. La pazienza è anche in grado di curare la nostra salute fisica. Questo è molto importante perché la gente spesso si ammala soltanto per depressione, ci sono invece delle persone il cui corpo è molto sotto pressione mentre la loro mente e il loro spirito sono sempre calmi. Quel tipo di attitudine mentale è anch'essa stessa una forma di pazienza.

Il terzo livello di pazienza è un tipo di pazienza più dharmico, è quel tipo di pazienza che ci permette di affrontare le difficoltà e gli ostacoli nella pratica del Dharma, per esempio la meditazione del mattino, per esempio quando non ci vogliamo alzare. In quel caso dobbiamo essere pazienti e vincere quella forma di pigrizia. La pigrizia non è la pazienza. Bisogna essere in grado di affrontare questi piccoli problemi allo scopo di poter progredire nella pratica e questo è utile non soltanto per la pratica del dharma, ma anche per il vostro lavoro. Se ad esempio ci alziamo la mattina presto e ci diamo da fare, puliamo la casa, andiamo in giardino, tagliamo l'erba, sistemiamo le aiuole questo è anche utile e salutare per la nostra calma mentale. Una cosa che ho sperimentato sia nella comunità tibetane, sia nei Monasteri, che nelle famiglie, è che ci sono persone molto attive: si alzano presto, si danno da fare, mentre invece ci sono altre persone che se la prendono comoda. Non è che una cosa sia buona e l'altra cattiva, però da questo si nota che dopo un po' le persone che sono più attive hanno un differente sviluppo spirituale.
Questa è la pazienza per affrontare la pratica del dharma, e le sue difficoltà.
Dovremmo essere sempre in una condizione di gioia, di tranquillità, di felicità per poter essere in grado di conseguire le più alte realizzazioni. Anche sedersi per quindici, venti minuti di meditazione regolarmente è una forma di pazienza.

Questi sono i tre livelli della pazienza. All'interno di questi tre livelli ci sono molte altre suddivisioni. D'altra parte la pazienza non serve solamente a fronteggiare la rabbia o a reprimerla, ma è una caratteristica che serve per raggiungere qualsiasi livello di obiettivo spirituale. La pazienza può sopraffare la rabbia, l'odio e anche l'avversione. Una volta che noi saremo riusciti a liberarci di questi tre stati negativi vorrà dire che staremo in uno stato di tranquillità, di pace, di pazienza. La pazienza è una delle paramita che fanno parte delle azioni del Bodhisattva. Qualsiasi azione del Bodhisattva deve essere basata sulla Bodhicitta. Quel tipo di pazienza a cui noi aspiriamo è bel lontana dallo stato in cui siamo, quindi dobbiamo soprattutto sviluppare l'aspirazione a quel tipo di qualità: "Possa io un giorno ottenere quel tipo di pazienza". Chiaramente la pazienza a cui ci riferiamo è una delle azioni del Bodhisattva, ma quel tipo di azione nello stato in cui siamo, è qualcosa di astratto. E' importante conoscere questo tipo di azioni del Bodhisattva e prenderle come un obiettivo per poter salire il primo gradino che ci porterà verso il nostro obiettivo futuro, perché anche solo conoscere e generare ammirazione per la pazienza del Bodhisattva è già un arricchimento spirituale. Quindi quando parliamo della paramita della pazienza, non dobbiamo immediatamente praticare tutte le forme di pazienza. E' importante sapere che esistono e il primo gradino è generare un'ammirazione verso questo tipo di azioni e prenderle come un nostro ideale.

Un altro aspetto della pazienza è quello che noi chiamiamo la tolleranza. Questa è una pratica molto difficile. Per quanto mi riguarda quando sono venuto in Italia ho cominciato a frequentare l'Università Cattolica e lì ho incontrato molti amici di religione cristiana. In quel contesto non è stato semplice dover fronteggiare situazioni dove si verificavano opinioni diverse. Questo è un lavoro alquanto difficile, ma aiuta molto ad aprire il tuo cuore, ad essere più flessibile e più aperto, e questo accresce la saggezza. Inoltre tutto ciò è stato utile non solo a me, ma anche agli amici cristiani, in quanto si sono resi conto delle difficoltà che avevo e hanno capito che non era facile stare in mezzo a delle opinioni diverse. Io l'ho trovato utile perché queste situazioni mi hanno permesso di comprendere come funziona il mio ego. E questo fa parte della pratica della tolleranza e della pazienza.

Quando ad esempio, ci capita di dover camminare sotto la pioggia senza ombrello, anche in questo caso dobbiamo essere pazienti in quanto non c'è modo di fermare la pioggia. Non c'è bisogno di arrabbiarsi e correre di qua e di là alla ricerca di un ombrello oppure di farsi prendere dal malumore: ok, siamo sotto la pioggia, ci bagneremo i vestiti ed il massimo che ci potrà capitare è che ci venga un po' di febbre, ma prenderemo una medicina e ce ne andremo a letto. Può essere interessante provare deliberatamente l'esperienza e cioè andare sotto la pioggia senza ombrello e vedere come reagiamo. Questo è molto interessante e molto efficace. La pazienza è il germe della pace, non c'è bisogno di parlare della pace universale o della pace mondiale, ciò che è importante è la pace con noi stessi, poiché da questa derivano anche le altre.
Alcune persone parlano della pace universale e della pace del mondo con molta rabbia, con un ego molto rabbioso e questo è un atteggiamento contraddittorio. Non è una cosa, giusta ed inoltre lo trovo molto buffo: mi chiedo come fanno queste persone a parlare della pace nel mondo con tanta rabbia e battendo i pugni sul tavolo. E' importante prima di tutto generare la pace dentro di noi, da questa pace interna si espande la pace intorno a noi. Lo sbocciare di un fiore genera pace di per sé, ma non contribuisce alla pace universale, anche se tutti quelli che lo guardano si sentono in pace.
La pace e la tolleranza sono molto importanti, non solo per la pratica, ma anche per la vita, per l'amicizia, per la salute e per ogni altra cosa. Anche alla fine, morire con pazienza sarà la cosa migliore da fare, tranquilli e in una maniera molto pacifica come se ci addormentassimo. Se noi ci addormentiamo con un animo paziente e tranquillo il nostro sonno sarà tranquillo e salutare; se invece ci addormentiamo arrabbiati avremo dei sogni strani e la mattina ci sveglieremo con un senso di malessere e con la mente confusa. Per questo il Buddha ha detto che la pazienza è la pratica più importante del Dharma. Questo non vuol dire che bisogna andare nella Terra Pura, nel paradiso di Buddha o in qualche altro regno dei cieli, la pazienza è utile alla vita terrena. Questo tipo di discorso possiamo prenderlo come oggetto della nostra analisi: dobbiamo giudicare se una cosa è positiva o meno, se è salutare o meno, se ci porta vantaggio o meno.