sabato 30 ottobre 2010

Mantra di Vajrasattva

OM VAJRASATTVA SAMAYA
MANU PALAYA
VAJRASATTVA TENOPA
TISHTA DRIDHO ME BAWA
SUTOKAYO ME BAWA
SUPOKAYO ME BAWA
ANURAKTO ME BAWA
SARWA SIDDHI ME PRAYATSA
SARVA KARMA SUTSA ME
TSIT TAM SHRIYAM KURU HUNG
HA HA HA HA HO BHAGAVAN
SARWA TATHAGATA VAJRA MAME MUTSA
VAJRA BAWA MAHA SAMAYA SATO AH
(Tibetano)
OM BENZA SATO SAMAYA
MANU PALAYA
BENZA SATO TENOPA
TISHTA DRIDHO ME BAWA
SUTOKAYO ME BAWA
SUPOKAYO ME BAWA
ANURAKTO ME BAWA
SARWA SIDDHI ME PRAYATSA
SARVA KARMA SUTSA ME
TSIT TAM SHRIYAM KURU HUNG
HA HA HA HA HO BHAGAVAN
SARWA TATHAGATA BENZA MAME MUTSA
BENZA BAWA MAHA SAMAYA SATO AH

venerdì 29 ottobre 2010

I mantra - Parte II

L’etimologia tibetana del termine “mantra” è ‘protezione della mente’ : ossia, il mantra viene recitato per raggiungere il controllo della mente (proteggendola cioè dalle conseguenze disastrose dei pensieri incontrollati) e per trasformarla. Infatti i mantra aiutano a tenere la mente calma e in pace, concentrandola su un sol punto (una visione o un concetto), la rendono più ricettiva (aumentandone la percettività),purificano tutte le energie contaminate del corpo, della parola e della mente e fanno accumulare merito.
La funzione principale di un mantra è quella di evocare e far apparire la divinità nella meditazione ; nonchè quella di ricevere la sua benedizione e di realizzare i particolari poteri (siddhi) della deità stessa (karma-mantra).
Inoltre, un mantra serve per compiere le “4 azioni divine”, cioè le attività di pacificazione, sviluppo, dominio e distruzione. Di solito, lo si recita per generare un’attitudine mentale positiva o - come preghiera - per ottenere i favori della deità : così, il “mantra delle 100 sillabe” di Vajrasattva serve per rimuovere le predisposizioni negative create da cattive azioni, quello “delle 6 sillabe” di Avalokiteævara è indicato per
coltivare il sentimento d’amore e compassione, quello di Vajrayoginú per comprendere la vacuità. Infatti, il mantra ha una misteriosa corrispondenza ed affinità con le nostre varie potenzialità subconsce (ad es., l’energia della compassione), che vengono evocate e ridestate dalla recitazione del mantra relativo.
Con l’invocazione della deità mediante il mantra corrispondente, le forze e qualità divine - sopite nel nostro essere - ci manifestano la loro presenza e noi ne diventiamo coscienti. Ovviamente, i risultati dipenderanno dalla nostra fede nella divinità e dalla concentrazione della nostra recitazione. I mantra - come si è detto - sono composti da sillabe o parole, in lingua sanscrita ; quelli di una sola sillaba sono detti “búja-mantra” (‘mantra-seme”) : da essi, nella visualizzazione, sorge la figura della divinità. Spesso le sillabe che li compongono sono prive di significato etimologico : tale mancanza di significato non costituisce un illogico non-senso, ma esprime la natura di vacuità dei dharma,
cosicchè la meditazione sui mantra conduce il sadhaka (il praticante tantrico) a realizzare la natura di suñata dei dharma stessi. Altre volte il mantra è il nome della divinità : come noi ci assimiliamo al nostro nome e facciamo tutt’uno con esso, così il mantra è identico alla divinità, con la conseguenza che la sua recitazione ci trasmette la sua grazia e le qualità della sua mente.
I mantra vanno recitati 3, 7 o 108 volte (o multipli di tali cifre) a voce alta o mormorati o ripetuti solo mentalmente, aiutandosi col rosario (mala). Possono inoltre essere visualizzati in forma di lettere di luce in diversi punti del corpo (ad es., il cuore) - dove immaginiamo che stiano facendo il suono relativo (che noi ci limitiamo ad ascoltare) : e ciò al fine di convogliare in quei posti le sottili energie
praniche.
Nella triade “mudra, mantra e samadhi” nel processo di evocare una divinità, in primo luogo il mantra purifica la “parola” e l’energia del sadhaka ; poi il mantraseme (búja-mantra) rappresenta l’essenza fonica della deità, il mantra-radice (mulamantra) evoca le specifiche qualità ed attributi del temperamento, vibrazione ed energia della deità, e il karma-mantra compie le specifiche funzioni della deità stessa. Quando la “parola” è purificata, il mantra è la forma eufonica della divinità :il mantra è la deità stessa. Quando il sõdhaka ha identificato se stesso con la deità
attraverso il mantra, ogni sua parola è un mantra che infallibilmente riflette o descrive la realtà.
Tutti i mantra sono contenuti nelle 3 lettere OM AH HUM, che - prese insieme - costituiscono il mantra di tutti i buddha, il mantra che contiene la totalità della presenza illuminata. Tutti i buddha sono contenuti in 3 aspetti : corpo-vajra, parola-vajra e mente-vajra, o anche nirmanakaya, sambhogakaya e dharmakaya. Il mantra del corpo-vajra è OM, il mantra della parola-vajra è AH, il mantra della mente-vajra è HUM. Se recitiamo con fede queste 3 lettere, riceviamo le benedizioni di tutti i mantra e di tutti i buddha.


I mantra - Parte I

I mantra sono determinate formule fonetiche, cioè sonore, che si basano sulla fisica delle vibrazioni, nel senso che ad ogni oggetto ed elemento della natura e ad ogni essere è associato un particolare indice di vibrazione.
Suono è vibrazione, oscillazione, ritmo e quindi è una manifestazione del prana universale.
Il mantra dunque fa parte delle vibrazioni componenti l’universo e - in particolare - è anche il simbolo fonetico di un particolare piano (o livello) di coscienza.
Qui interessano i mantra che ci sono stati trasmessi oralmente da Buddha Sakyamuni, pervenendoci attraverso una linea ininterrotta di Maestri.
Si tratta di fonemi (formule sonore) sacri, rituali e mistici - composti di una o più sillabe o parole sanscrite - che rappresentano in modo fonetico la divinità a cui sono associati, cioè sono l’espressione - attraverso il suono - dell’essenza di una particolare divinità di meditazione, di cui racchiudono le qualità e i poteri.
L’assoluto si manifesta attraverso l’invisibile presenza del suono. Ogni divinità ha uno o più mantra specifici: questi sono delle invocazioni il cui significato è in relazione alla divinità stessa.
La recitazione ripetitiva (japa) del mantra (praticata da chi ha ricevuto le relative autorizzazioni od iniziazioni(1))- combinata con la meditazione (dhyana) - produce vibrazioni interiori provocate da tali suoni che hanno la capacità di mettere in azione e di attivare l’energia e l’influenza spirituale (byin-rlabs) corrispondente. In altre parole, il mantra risveglia nella nostra coscienza una comprensione intuitiva della verità inesprimibile a parole e ci apre la mente all’esperienza di dimensioni superiori : cioè induce all’intuizione estatica delle verità esoteriche esposte da quel particolare tantra e raffigurate visivamente nel mandala relativo. Da ciò si comprende come il mantra sia il principale supporto per la concentrazione.
Per capire come i mantra siano dotati di un infallibile potere d’azione basta pensare a come certi suoni hanno la capacità di agire sulla nostra mente. Ad es., quando diciamo “Sei una brava persona” o, all’opposto, “Sei un mascalzone”, le parole “brava” o “mascalzone” non sono delle ‘cose’, sono solo delle sonorità che non hanno in se stesse niente di “bravo” o di “mascalzone” : esse evocano tuttavia i pensieri corrispondenti e producono un effetto sulla mente di chi ci ascolta.


(1)Ma anche senza di queste la recitazione ha pur sempre un suo valore, perché il mantra è come una torcia accesa : non importa chi la tenga in mano, se viene accostata a un mucchio di paglia comunica il fuoco e scatena la sua energia. Ha cioè una certa validità in se stesso, dal punto di vista oggettivo

giovedì 21 ottobre 2010

Le preoccupazioni

Sono  che impediscono ai più grandi doni dell’esistenza di raggiungerti. Una mente preoccupata continua a proiettare la sua preoccupazione su qualsiasi cosa.
Quasi tutti sono preoccupati, anche solo per delle banalità. Se osservi attentamente queste preoccupazioni, ti metterai a ridere di te stesso, di che razza di sciocchezze si agitano dentro di te e creano tremendi ostacoli. E così ti basta guardare quali sono le tue preoccupazioni e lasciarle perdere.
È possibile svuotare la mente dalle tue preoccupazioni. Tu l’hai riempita, puoi anche svuotarla.
Cosa sono le nostre preoccupazioni? Cosa è che continuiamo a pensare e perché non la smettiamo di alimentare così tanto i nostri pensieri? Che cosa ha prodotto tutto questo nella lunga vita che hai vissuto fino a oggi? Non è forse una semplice perdita di tempo?
Devi osservare quali sono le preoccupazioni che ti ostacolano. Rimuovere quella barriera non è difficile; il solo osservare la sua futilità è sufficiente a farla scomparire.
Perciò, osserva e aspetta. Piano piano la trasformazione va così in profondità che per la mente diventa impossibile preoccuparsi.

sabato 16 ottobre 2010

Preghiera «in Sette Versi» a Padmasambhava

Hung
orgyèn yulgyi noub djang tsam
péma guésar dong po la
yatsèn tchogui ngoeu droub nyé
péma djoungnè ché sou drak
khortou khandro mang peu kor
khyékyi djésou dak droub kyi
djingyi lobtchir ché sou soeul
guru péma siddhi hung

Om ah hung benza guru péma siddhi hung



Entrata in rifugio e bodhicitta

Sang gye Cho dang Tsog kyi chog nam la
Jang chub bar du dag ni kyab su chi
Dag gi jin sog gyi pe so nam kyi
Dro la pen chir Sang gye drub par shog

giovedì 14 ottobre 2010

La fiducia - di Kalu Rinpoche

La fiducia permette di imboccare il sentiero e di proseguirlo energicamente È un atteggiamento che nasce inizialmente dalla comprensione delle qualità dei Tre gioielli. 
Quando sentiamo parlare del buddha e dell'illuminazione, comprendiamo le qualità positive del dharma, e quali benefici possiamo trarre dalla sua pratica, ci rendiamo anche conto dell'aiuto che in essa può giungere dal sangha, la comunità di coloro che trasmettono e praticano il dharma.
A questo punto in noi nascono la fiducia e l'aspirazione.
Ci sono tre forme principali di fiducia "la fiducia dell'ammirazione" o "della stupefazione " che accompagna la scoperta delle qualità del buddha e dei Tre gioielli, "la fiducia dell'aspirazione", che e fondata sulla forma di fiducia precedente, e che è l'aspirazione a camminare verso l'illuminazione, e "la fiducia della certezza", che si manifesta quando, con la pratica, acquisia mo un'autentica esperienza della venta degli insegnamenti
Così, dunque, il sentiero comincia sulla base di una certa fiducia nei Tre gioielli siamo stupefatti e ispirati dalla possibilità dell'illuminazione e dalla scoperta delle sue caratteristiche, o semplicemente dalla possibilità di un progresso spirituale Allora ci auspichiamo di poter andare oltre di saperne di più, e sebbene ancora non sappiamo se l'insegnamento che ascoltiamo sia giusto o no, già intravediamo le sue qualità e ne apprezziamo il valore, e qui che nasce la "fiducia dell'ammirazione", chiamata anche "della stupefazione" o "dell'ispirazione", ossia la forma iniziale di fiducia
Da questa prima forma di fiducia prendiamo coraggio, e tentiamo un primo passo sulla via.
Appena la porta del dharma si dischiude, ci rendiamo conto di quanto siano vendici certi suoi aspetti, e la nostra sicurezza aumenta.
A questo punto dentro di noi si manifesta un'aspirazione al risveglio uno slancio maggiore verso l'insegnamento, verso il buddha, verso il dharma, ed è questa la seconda forma di fiducia "la fiducia dell aspirazione".
L'illuminazione, lo stato di buddha diventa allora il nostro scopo, e il dharma diventa il mezzo per conseguirlo. In seguilo la profondità della pratica arricchisce progressivamente la nostra comprensione, e invece di limitarci a pensare che lo stato di buddha e l'insegnamento siano qualcosa di utile e meraviglioso, e ad aspirare a praticarli, assaggiamo direttamente e veramente i benefici che ne derivano, scoprendo ora in modo sperimentale quanto siano giusti e autentici. C'è insomma, una diretta verifica della loro veridicità. Questa e la terza forma di fiducia "la fiducia della certezza".

mercoledì 13 ottobre 2010

I principi del Dharma di Lama Geshe Gedun Tharchin

Volevo condividere con voi questa nota pubblicata oggi, di Lama Geshe Gedun Tharchin, in quanto l'ho trovata veramente interessante:

"..è importante condividere questo valore con generosita', con altruismo in un’attitudine che potenzia il proprio sviluppo; la condivisione e' il metodo con cui accrescere ogni qualita' in se stessi, risponde alla natura interdipendente, alla legge di causa effetto, ma per poterlo fare e' necessario innanzitutto riconoscerlo, e cio' non e' affatto facile, - come individuarlo dunque' Il valore e i principi coincidono, il valore umano e' la dignita', e' tutti i principi di vita che costituiscono una risorsa indispensabile alla stabilita' mentale e che in questo contesto sono il Dharma, parola sanscrita intraducibile; riconoscere il proprio valore e' riconoscere il Dharma, non come entita' esterna, ma in se stessi, un impegno veramente arduo, attuabile solo tramite la meditazione, la riflessione, la contemplazione.Verificando il proprio cuore sara' possibile riconoscere il proprio Dharma, ma cos’e' questo cuore' certamente non ci si riferisce a quello fisico, bensi' all’attitudine spirituale di amore e compassione, il piu' elevato significato nell’esistenza umana.Non e' facile discernere in se stessi il Dharma, non si tratta di avvertire le emozioni in tutta la loro potenza, di seguire sentimenti effimeri, si tratta di amore vero, autentico, stabile, e' il principio della propria vita, la dignita', e deve necessariamente essere condiviso con gli altri in ogni momento e in tutte le ordinarie attivita' quotidiane.Cosa sono l’amore e la compassione universali' non certamente il sentimento che proviamo nei confronti delle persone care, vanno ben oltre, sono una realta' solida, genuina, duratura, gia' presente in ognuno di noi, dobbiamo soltanto discernerne i segnali e nutrirla, farla crescere.Noi siamo costantemente turbati dalla sofferenza, dai dispiaceri, dai dubbi, dall’insoddisfazione, dal rancore, dall’attaccamento, poiche' non abbiamo ancora realizzato in noi stessi l’amore universale e la generosita' altruistica, dunque l’insoddisfazione incessante che ci sfinisce non e' causata dalla mancanza di oggetti materiali, dalla impossibilita' di realizzare i desideri mondani, bensi' dall’assenza di amore e compassione.Non pretendiamo di possedere la perfezione dell’amore di Dio o di Buddha, e' sufficiente sviluppare il nostro piccolo amore umano, purche' sia puro, altruistico, disinteressato, disponibile, dobbiamo abbandonare la rincorsa affannosa e quasi esclusiva verso gli oggetti mondani, poiche' in questo modo incrementiamo e rafforziamo soltanto la frustrazione di desideri futili e regolarmente inappagabili.La nostra vita e' nella natura di sofferenza, e amore e compassione sono l’elemento essenziale che vi imprime un senso profondo, altrimenti tutto sarebbe davvero inutile e sprecato nell’illusione.La sofferenza e' inevitabile, ogni istante ne e' impregnato, dobbiamo semplicemente imparare a vederla, a meditarla, malgrado l’attitudine mondana della societa' moderna suggerisca esattamente il contrario, escogiti ogni mezzo per evitarla e inventi oggetti sempre piu' sofisticati utili a stordirsi, ignorando che questo e' il metodo sicuro per affondare sempre piu' nelle sabbie mobili della sofferenza stessa.E’ invece importante esercitarsi quotidianamente ad osservare la sofferenza, a scavare in se stessi, e ogni sera fermarsi a contare, ad analizzarne la quantita', le tipologie, sapendo che questo e' la difficolta' fondamentale dell’umanita'.Oggi si investiga minuziosamente nei molteplici campi della scienza, ma nessuno vuole affrontare seriamente una ricerca sull’infelicita' che pure e' la causa prima di ogni problema nella condizione umana, la medicina moderna ad esempio rivolge spasmodicamente ogni energia per nascondere, per negare l’esistenza del dolore, e in questo modo l’aumenta a dismisura. La malattia fa paura a tutti, ma non serve a nulla nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, dobbiamo accoglierla come parte della vita, cosi' come la morte.Ognuno deve compiere questa ricerca in se stesso, non e' possibile meditare sulla sofferenza altrui, e' necessario osservarla nella profondita' del proprio essere.Una domanda essenziale che dobbiamo porci e': “Perche' l’amore e la compassione sono importanti'” - “Per darci ricchezze e beni'” - No, affatto, in quanto la vita e' natura stessa di sofferenza e soltanto l’amore e la compassione sono in grado di rendere gioiosa questa innata condizione.E' sbagliato considerare la sofferenza come evento esclusivamente negativo, frutto del peccato; qualsiasi azione e' permeata da insoddisfazione, da malattie sempre piu' misteriose e diffuse, da pene immense e dunque dobbiamo affrontare questa realta' consapevolmente, vivendo ogni istante di vita pienamente, accogliendone il senso profondo, sapendo che e' preziosa occasione di crescita.Non servono a nulla le sovrastrutture, le etichette dietro cui si barricano le confessioni religiose, l’unico messaggio autentico di Buddha, di Cristo, di Dio, e' amore e compassione.Esiste un ulteriore motivo che imprime la natura di sofferenza alla vita, ed e' l’impermanenza di tutte le cose.E’ un errore comune e grave quello di proiettare le proprie paure e i desideri su un futuro ignoto, temere l’inferno e aspirare al paradiso. L’inferno e il paradiso sono gia' qui, questa e' la nostra opportunita' per comprendere, per vivere pienamente, cosa avverra' dopo la morte nessuno lo sa e non ha importanza, cio' che conta e' non sprecare la meravigliosa opportunita' della vita presente e concreta.Riconoscere la natura di impermanenza della realta' e' fondamentale, tutto e' impermanente, noi sprechiamo l’intera esistenza per rincorrere le ricchezze, il denaro, illudendoci che questo sia il senso della vita, ma in un solo istante tutto svanisce, il nostro stesso corpo e' fragilissimo.La principale causa di sofferenza e' ritenere che cio' che appare ai nostri sensi sia permanente, mentre ogni evento si trasforma, vola via in un soffio, si e' appena nati e gia' si comincia a morire. L’attaccamento a queste illusioni e' innaturale e per questo soffriamo, la nostra vera natura e' dare, condividere con compassione, con amore universale, tutti siamo allo stesso livello, non c’e' ragione di alimentare emozioni distruttive quali l’invidia, la gelosia, la rabbia, l’attaccamento, ogni essere e' immerso nell’identica condizione di sofferenza.Non dobbiamo meditare per raggiungere l’illuminazione o il nirva'na il piu' presto possibile, ma piuttosto fermare il pensiero, giorno e notte, sulla sofferenza dell’umanita' che tutto permea in assoluta equanimita' e sviluppare autentici amore e compassione, cosi' e' stata la vita di Gesu' Cristo, di Buddha, di San Francesco e di tanti altri. Questo significa trasformare la vita nei principi e nel valore del Dharma.La morte e resurrezione del Cristo rappresenta la sofferenza dell’umanita', la vita e' sofferenza, e' chiarissimo e immenso il messaggio del crocifisso anche se purtroppo molti cristiani, chiusi in una visione fanatica, lo fraintendono non comprendendone l’essenza vasta e completa.E' fondamentale e magnifico meditare sul significato profondo della passione, crocifissione e resurrezione di Gesu' Cristo, i tre elementi fondamentali del cristianesimo. La sofferenza si trasfigura nella resurrezione, nel paradiso, nella purezza, il dolore si tramuta in amore; il meccanismo e' questo, non si tratta di miracoli lontani, di magia, di sublimazioni, mostra in completezza assoluta la realta' della natura di sofferenza della vita umana e si trasforma nella natura amorevole della compassione; dalla croce alla resurrezione.E’ essenziale meditare consapevolmente e incessantemente sulla natura di sofferenza della vita e sull’impermanenza della realta' sapendo che tutto e' uguale, perfettamente equanime, perche' ignorare questo significa andare incontro a tragedie ben piu' devastanti, ad esempio i terremoti ci sono sempre stati sulla terra, ma ora a causa dell’avidita', degli interessi del mercato, quando accadono provocano un’infinita' di morti. Un tempo in Tibet si viveva in una tenda con qualche yak e capra, serenamente, e quando succedeva un terremoto nessuno si faceva male, ora invece morte edistruzione sono incalcolabili, le case mal costruite crollano seppellendo tutto. Questo e' soltanto un piccolo esempio, ma tutto il comportamento umano egocentrico e insensato sta provocando danni inimmaginabili.

lunedì 11 ottobre 2010

I sogni: Gli insegnamenti in sogno

Nella tradizione tibetana esistono numerosi esempi di praticanti che hanno ricevuto insegnamenti in sogno. Spesso i sogni vengono in una sequenza, in cui il sogno di una notte comincia dove era finito quello delta notte precedente, trasmettendo in questo modo insegnamenti interi e dettagliati, fino a raggiungere un punto di completamento preciso e coerente, dove il sogno si ferma. Volumi di insegnamenti sono stati 'scoperti' in questo modo, comprese molte delle pratiche che i tibetani hanno fatto per secoli. Questo è quello che chiamiamo 'tesoro della mente' (gong-ter).
Immaginate di entrare in una grotta e di trovarvi nascosto un volume di insegnamenti. Questa scoperta avviene in uno spazio fisico. I tesori della mente si trovano nella coscienza piuttosto che nel mondo fisico. I maestri sono quelli che ritrovano tali tesori, nei sogni della chiarezza e da svegli. Per ricevete questi tipi di insegnamenti in sogno il praticante deve avere sviluppato certe capacità, come quella di stabilizzarsi nella coscienza senza identificarsi con il sé convenzionale. II praticante la cui chiarezza non è oscurata dalle tracce karmiche e dai sogni samsarici ha accesso alla saggezza intrinseca nella coscienza stessa.
Gli insegnamenti autentici scoperti in sogno non provengono dall'intelletto. Non è come andare in biblioteca, fare una ricerca e poi scrivere un libro, usando l'intelletto per raccogliere e sintetizzare informazioni, come potrebbe farlo uno studioso. Sebbene dall'intelletto provengano molti buoni insegnamenti, questi non sono considerati tesori della mente. La saggezza dei buddha è auto-originata, nascente dalle profondità della coscienza, completa in se stessa. Ciò non significa che i tesori della mente non assomiglieranno agli insegnamenti già esistenti. Inoltre, insegnamenti simili si possono trovare in diverse culture e diversi periodi storici, anche se non sono venuti in contatto l'uno con l'altro. Gli storici lavorano per collocare un insegnamento nel tempo, per dimostrare quanto sia stato influenzato da un altro simile, dove avvenne la connessione storica, e cosi via, e spesso trovano questi legami, Ma la verità soggiacente questi insegnamenti è che sorgono spontaneamente dagli esseri umani, quando raggiungono un certo punto nel loro sviluppo individuale. Gli insegnamenti sono intrinseci alla saggezza fondamentale, alla cui essenza ogni cultura può accedere. Non sono solo insegnamenti buddhisti o bòn, sono insegnamenti per tutti gli esseri umani.
Se abbiamo il karma per aiutare altri esseri, gli insegnamenti provenienti da un sogno possono essere benefici per loro, Ma può anche darsi il caso, se per esempio abbiamo una connessione karmica con un certo lignaggio, che siano particolarmente rivolti alla nostra pratica, magari come rimedio specifico per superare un particolare ostacolo.

I sogni: Uso dei sogni

II massimo valore dei sogni si esplica nel contesto del cammino spirituale. I sogni stessi possono essere usati come una pratica spirituale. Possono anche fornire le esperienze che motivano una persona a entrare nel sentiero. Inoltre, possono essere un mezzo per discriminare se la pratica è fatta o no correttamente, quanto progresso c'è stato e dove c'è bisogno di attenzione.
Spesso è il caso che prima di dare un insegnamento elevato, il maestro aspetti che il discepolo abbia un sogno indicante che è pronto a ricevete tale insegnamento. Altri sogni possono dimostrare che lo studente ha compiuto una certa pratica, e, dopo aver udito il sogno, il maestro può concludere che è arrivato il momento dì cambiare.
Similmente, se prestiamo attenzione ai sogni, possiamo valutare la nostra stessa maturità nella pratica. A volte da svegli pensiamo di stare andando abbastanza bene, ma poi nel sonno troviamo che almeno qualche parte di noi è ancora molto confusa o bloccata nella negatività. Questo non deve essere un motivo di scoraggiamento. È un beneficio quando diversi aspetti della mente si manifestano in sogno e ci indicano dove dobbiamo lavorare, per progredire. D'altra parte, quando la pratica diventa molto potente, i suoi risultati si manifestano in sogno, infondendoci fiducia nei nostri sforzi.

venerdì 8 ottobre 2010

I sogni: Tre tipi di sogni

Esistono tre tipi di sogni, che nella pratica formano una progressione, anche se non esatta:
1) sogni samsarici ordinari;
2) sogni della chiarezza;
3) sogni della chiara luce.
I primi due si distìnguano perche hanno cause diverse, e in ciascuno la persona che sogna può essere lucida o no. Nei sogni della chiara luce c'è coscienza, ma non c'è la dicotomia soggetto-oggetto. I sogni della chiara luce avvengono nella coscienza non-duale.

I   SOGNI   SAMSARICI
I sogni che in generale abbiamo più spesso sono i sogni samsarici, che sorgono dalle tracce karmiche. Il significato che troviamo in questi sogni è il significato che noi stessi vi proiettiamo, è attribuito dalla persona che sogna, più che essere intrinseco al sogno. Questo è anche il caso dei significati nella vita da svegli. Ciò non priva i sogni significativi della loro importanza, più di quanto privi i significati della nostra vita da svegli della loro importanza. E' un processo simile alla lettura di un libro. Un libro consiste solo in segni sulla carta, ma poiché noi attribuiamo loro un significato, ne ricaviamo un significato. E il significato di un libro, come quello di un sogno, è soggetto a interpretazione. Due persone possono leggere lo stesso libro e averne esperienze totalmente diverse; una persona può cambiare tutta la suo vita basandosi sul senso che ha trovato in quelle pagine, mentre un suo amico può trovare il libro solo superficialmente interessante, o neanche quello. Il libro non è cambiato. Il significato è proiettato sulle parole dal lettore, e poi letto.

I   SOGNI   DELLA   CHIAREZZA
Man mano che si progredisce nella pratica del sogno, i sogni diventano più chiari e dettagliati, e se ne ricorda sempre di più. Questo è il risultato dell'aver portato una maggiore consapevolezza nello stato di sogno. Oltre a questa maggiore consapevolezza nei sogni ordinari, esiste un altro tipo dì sogni, i sogni della chiarezza, che sorgono quando la mente e il piana sono equilibrati e la persona che sogna ho sviluppato la capacità di rimanere nella presenza non-duale. A differenza dei sogni samsarici, in cui la mente è trascinata qua e là dal prana karmico, nei sogni della chiarezza la persona che sogna è stabile. Sebbene sorgano immagini e informazioni, queste sono basate meno su tracce karmiche personali e contengono invece una conoscenza direttamente disponibile a un livello dì coscienza sottostante a quello del sé convenzionale. Ciò è analogo alle differenze tra il prana karmico ruvido del canale bianco, che è connesso alle emozioni negative, e il prana della saggezza del canale rosso. Proprio come entrambi sono prana karmico, energie coinvolte nell' esperienza dualistica, ma una è più pura e meno soggetta all'illusione dell'altra, così i sogni della chiarezza sono più puri e meno soggetti all'illusione dei sogni samsarici. Nei sogni della chiarezza è come se qualcosa venisse dato alla persona che sogna o da lei trovato, contrariamente a quanto avviene nei sogni samsarici, il cui significato è proiettato dalla persona che sogna sulla purezza dell'esperienza fondamentale.
Sogni della chiarezza possono sorgere occasionalmente in chiunque, ma non sono comuni fino a che la pratica non si sviluppa e diventa stabile. La maggior parte di noi ha solo sogni samsarici basati sulla vira di rutti i giorni e sulle emozioni. Anche se può capitarci di avere un sogno riguardante l'insegnamento, i nostri maestri, la pratica, i buddha o le dakini, questo sogno è sempre, probabilmente, sarruarico. Se facciamo pratica con un maestro, ciò naturalmente si rifletterà nei sogni. È una cosa positiva, perché significa che siamo impegnati nell'insegnamento, ma l'impegno in sè è dualistico, e perciò appartiene al regno del samsora. Ci sono aspetti migliori e peggiori del samsara, ed essere completamente dedicati alla pratica e agli uisegnamend e fra i migliori, perche quella e la via per la liberazione. Ma è positivo anche non scambiare i sogni samsarici per sogni della chiarezza.
Se commettiamo l'errore di credere che i sogni samsarici ci stiano offrendo una guida reale, allora giorno per giorno cercheremo di modificare la nostra vita seguendo i dettami dei sogni, e questo può diventare un lavoro a tempo pieno. È anche un modo di rimanere fissati sul proprio dramma personale, credendo che tutti i nostri sogni siano messaggi provenienti da una fonte superiore, più spirituale. Non è così: dobbiamo prestare grande attenzione ai sogni e sviluppare la comprensione di quali hanno significato e quali sono solo la manifestazione di emozioni, desideri, paure, speranze e fantasie della natura vita quoiidiana.

I SOGNI DELLA CHIARA LUCE
Esiste un terzo tipo di sogni, che si ha quando si è avanti sul sentiero; i sogni della chiara luce. Questi sogni sorgono dal prana primordiale del canale centrale. In genere si parla di chiara luce negli insegnamenti riguardanti lo yoga del sonno, indicando così uno stato libero da sogni, pensieri e immagini, ma esiste anche un tipo di sogni della chiara luce in cui la persona che sogna è nella natura della mente. Non è un risultato facile da ottenere: il praticante deve essere molto stabile nella coscienza non-duale, prima che sorgano i sogni della chiara luce. Gyalshen Milu Samleg, autore di importanti commentari ai Tantra Madre, scrisse che egli stesso praticò costantemente per nove anni prima di incominciare ad avete sogni della chiara luce.
Sviluppare la capacità di avere sogni della chiara luce è come sviluppare la capacità di rimanere nella presenza non-duale del rigpa durante il giorno. Inizialmente, rigpa e pensiero sembrano differenti; sembra che nell'esperienza del rigpa non ci siano pensieri, e se questi sorgono ci distraiamo e perdiamo il rigpa. Ma quando sviluppiamo la stabilità nel rigpa i pensieri semplicemente sorgono e si dissolvono senza oscurarlo minimamente, e il praticante rimane nella coscienza non-duale. E' una situazione simile a quando si impara a suonare il tamburo e la campana insieme, nelle pratiche rituali: all'inizio riusciamo a suonarne solo uno alla volta. Se suoniamo la campana perdiamo il ritmo del tumburo, e viceversa, ma dopo un certo tempo riusciamo a suonarli tutti e due contemporaneamente.
I sogni della chiara luce non sono la stessa cosa dei sogni della chiarezza che, anche se sorgono da aspetti profondi e relativamente puri della mente e sono generati da tracce karmiche positive, avvengono ancora nel dualismo. I sogni della chiara luce, anche se emergono dalle tracce karmiche del passato, non hanno come risultato l'esperienza dualistica. Il praticante non si ricostituisce come un soggetto osservante in relazione al sogno come oggetto, né come soggetto nel mondo dei sogni, ma dimora totalmente integrato nel rigpa non-duale. Le differenze tra i tre tipi di sogni possono sembrare sottili. I sogni samsarici sorgono dalle emozioni e dalle tracce karmiche individuali, e tutto il loro contenuto é formato da quelle tracce ed emozioni. I sogni della chiarezza portano in se una conoscenza più obiettivo, che sorge dalle tracce karmiche collettive ed é alla portata della coscienza, quando questa non e imprigionata nelle traccce karmiche personali. La coscienza allora non è limitata da spazio, tempo e storia personale, e la persona che sogna può incontrare esseri reali, ricevere insegnamenti da veri maestri e trovare informazioni utili agli altri e a se stessa.
I sogni della chiara luce non sono definiti dal loro contenuto, ma sono tali perché non c'è un soggetto che sogna o un ego relativo al sogno, né un sé in rapporto dualistico col sogno o col suo contenuto. Sebbene il sogno sorga, è un'attività della mente che non disturba la stabilità del praticante nella chiara luce.

I sogni: Come sorge il sogno

Quando un indivìduo non è ancora realizzato la sua vera natura è oscurata dall'ignoranza di base, che fa sorgere la mente concettuale.
Intrappolata nella visione dualistica, la mente concettuale divide l'unita inscindibile dell'esperienza in entità concettuali e poi si riferisce a queste proiezioni mentali come se avessero un'esistenza intrinseca, come esseri e cose separati. Il dualismo primario divide l'esperienza in sé e altro, e dall'identificazione con un solo aspetto dell'esperienza, il sé, si sviluppano le preferenze. Ciò risulta nel sorgere di avversione e desiderio, che divengono la base delle azioni fìsiche e mentali.
Queste azioni (karma) lasciano le loro tracce nella mente individuale, sotto forma di tendenze condizionate, che creano ulteriore attaccamento e avversione, che a loro volta producono nuove tracce karmiche, e così via. Questo è il ciclo del karma che si autoperpetua.
Durante il sonno la mente è isolata dal mondo dei sensi. Le tracce karmiche, solitamente stimolate dalle cause secondarie necessarie per la loro manifestazione, hanno una forza o energia, che è il prana karmico. Come il cavallo e il cavaliere dell'analogia, la mente 'cavalca' il prana karmico, guidandolo nel centro energetico del corpo collegato alla traccia karmica attivata: in parole povere, la coscienza si concentra in un particolare chakra.
In questa interazione di mente, energia e significato, la coscienza illumina le tracce karmiche e le qualità del regno che vi è associato, e ne è a sua volta influenzata. Il prana karmico è l'energia del sogno, la sua forza vitale, mentre la mente è ciò che intesse le manifestazioni specifiche delle tracce karmiche (colore, luce, emozioni e immagini) nella storia significativa che è il sogno.
Questo è il processo che risulta nel sogno samsarico.


i post del "I sogni" sono tratti da : LO YOGA TIBETANO DEL SOGNO E DEL SONNO di Tenzin Wangyal Rinpoche

giovedì 7 ottobre 2010

La felicità

Non cercate la felicità attraverso lo sforzo e la volontà.
Essa è già presente qui e ora,
nell’apertura al rilassamento e al lasciar andare.
Non sforzatevi, non c’è proprio niente da fare o da non fare.
Qualunque cosa si manifesti nel corpo e nella mente
non ha alcuna importanza, perché non ha alcuna realtà sostanziale.
Perché dunque identificarcisi ed attaccarvisi?
Perché giudicarla e giudicare sè stessi?
E’ molto meglio semplicemente lasciare che l’intero gioco accada da solo,
avanti e indietro come le onde, senza manipolare e cambiare nulla,
notando come tutto scompaia e riappaia,
continuamente, magicamente, senza una fine.
Solo la nostra ricerca della felicità ci impedisce di vederla.
E’ come inseguire un arcobaleno senza poterlo prendere.
Sebbene non esista, esso è sempre lì
e ci accompagna continuamente.
Non dovete credere alla realtà delle esperienze,
buone o cattive; anche esse sono come arcobaleni.
Volendo afferrare l’inafferrabile ci si esaurisce invano.
Nel momento in cui ci si apre e si abbandona la presa,
si manifesta uno spazio infinito, aperto, invitante e confortevole.
Fate uso di questa spaziosità, questa libertà e questa agiatezza naturale.
Tutto quanto è già vostro, non cercate più.
Non vi addentrate più nella giungla inestricabile
cercando il grande elefante risvegliato, quando esso riposa
tranquillamente a casa, davanti al vostro cuore.
Niente da fare o non fare, niente da forzare
niente da volere, niente che manchi.
Meraviglioso!
Tutto accade da sé, facilmente e liberamente!

mercoledì 6 ottobre 2010

Le trentasette pratiche di un Bodhisattva - Seminario Nazionale

La via del Bodhisattva - Sangha Loka Pesaro

La Ruota della vita o ruota del samsara (Bhavacakra)

Kalu Rinpoche, “le cause del samsara sono prodotte dalla mente, e la mente è ciò che ne sperimenta le conseguenze. Null’altro che la mente crea l’universo, e null’altro che essa lo sperimenta ".
Secondo la dottrina buddhista, il cosmo non è né permanente nè creato.
Al suo vertice vi sono i quattro regni di rinascita puramente mentale, senza forma; al di sotto i regni di pura forma, dove abitano gli dei, che non sono né permanenti, né eterni; al di sotto il regno del desiderio, dove vivono gli dei vedici, gli animali, gli uomini e gli dei gelosi.
Ancora al di sotto vi sono i regni degli spiriti famelici e gli inferi
All'interno di questa ruota si trovano 6 sfere di esistenza in ognuna delle quali può rinascere l' Esistenza.
Il diagramma noto come Ruota della Vita , che illustra i vari reami dell'esistenza ciclica e gli esseri che li abitano, è principalmente un supporto visivo che ci permette di ottenere una chiara comprensione di come opera la nostra mente.
Contemplandolo bene e studiando gli insegnamenti che essa  illustra, possiamo riconoscere che la causa di tutta la nostra
indesiderata sofferenza è radicata nei difetti mentali e nelle illusioni che oscurano la natura essenzialmente pura della nostra mente.
 In tal modo saremo motivati a eliminare completamente le illusioni e i difetti mentali, e a conseguire così la liberazione dall'esistenza condizionata.
Sin dagli inizi del buddhismo, queste raffigurazioni hanno avuto un ruolo importante nel fornire gli insegnamenti
spirituali a persone di ogni livello intellettuale e continuano ad essere tuttora utilizzati al medesimo scopo.
Ad esempio, nel Nepal odierno spesso si possono osservare monaci itineranti spostarsi di villaggio in villaggio portando con sé, tra le altre cose, un dipinto arrotolato raffigurante la Ruota della Vita, o qualche altro insegnamento.
Arrivando in un villaggio,il monaco si trova presto al centro dell'attenzione dei paesani, interessati ad ascoltare
le notizie della campagna circostante e delle lontane città.
Poi egli srotola la tanka letteralmente, ('documento scritto ) e intrattiene  e istruisce gli astanti spiegandone il significato, a volte mediante una prosa ordinaria, a volte con versi cantati facilmente memorizzabili.
Come dimostra questo esempio, l'arte buddhista e gli insegnamenti buddhisti si sono sempre diffusi contemporaneamente, e lo sviluppo dell'una ha sempre comportato lo sviluppo degli altri.
Si afferma che il diagramma della Ruota della Vita abbia avuto la seguente origine.` Uno dei maggiori benefattori di Sakyamuni, re Bimbisara di Magadha, aveva ricevuto un prezioso regalo da un re suo vicino e non riusciva a trovare qualcosa di adatto con cui contraccambiare il dono. Venuto a conoscenza del dilemma di Bimbisara, Buddha spiegò come disegnare la Ruota della Vita e disse: "Dai questo disegno al tuo amico ed egli ne sarà completamente soddisfatto".
Il sovrano amico di Bimbisara era sufficientemente maturo per ricevere l'istruzione spirituale, e l'ispirazione del Buddha si rivelò così intensa che non appena egli ebbe letto le strofe scritte sotto il diagramma sviluppò la rinuncia e una profonda comprensione intuitiva della realtà. Quando l'mmagine della Ruota della Vita e gli insegnamenti che essa rappresentava vennero diffusi in tutto il regno, tutti coloro che la contemplarono e ne meditarono gli insegnamenti ottennero un grande beneficio.
Dirigendo l'attenzione al centro della ruota, possiamo osservare tre animali che rappresentano i tre fondamentali difetti mentali o illusioni, cause di ogni sofferenza e insoddisfazione. Questi sono un maiale, che rappresenta l'ignoranza; un piccione," che rappresenta l'attaccamento colmo di bramosia; e un serpente, che rappresenta la rabbia.
Nel dipinto, ( cerchio interno)il piccione e il serpente escono dalla bocca del maiale, per indicare che i deleteri dìfetti mentali dell'avido attaccamento e della terribile rabbia derivano entrambi dall'ignoranza fondamentale riguardo l'effettiva natura della realtà. (Piccione=attaccamento,Serpente= Rabbia. Maiale= ignoranza)
In altre versioni, i tre animali vengono raffigurati in cerchio, per indicare l'interdipendenza di questi tre fondamentali difetti mentali.
La ruota è divisa in sei sezioni per illustrare le esperienze degli esseri che, a causa dell'onnipervadente influenza della fondamentale ignoranza, nascono nei seri reami come dei, semidei, esseri umani, animali, spiriti famelici o esseri infernali. Questi reami sorgono non per opera di un dio creatore, bensì dal maturare delle potenzialità precedentemente create dalle nostre azioni positive o negative (sanscr. karma). Poiché tutte queste azioni del corpo, della voce e della mente vengono motivate dalla mente, tutti i sei reami in definitiva sono creazioni della nostra stessa mente.
Questi sei stati di esistenza si possono anche interpretare come particolari stati di coscienza, esperibili proprio in questo momento nella nostra condizione di esseri umani, ad esempio quando ci imbattiamo negli estremi del piacere o del dolore mentale o fisico.
Nella parte inferiore della ruota si trova il reame infernale (sanscr. narak), caratterizzato da una terribile sofferenza.
Lo presidia Yama, il Sovrano della Morte, che regge nella mano destra un bastone che utilizza come indicatore e nella sinistra uno specchio. Davanti a lui vi è inginocchiata una persona da poco deceduta - da interpretarsi come la persona stessa che osserva il dipinto - e le varie azioni positive o negative della sua vita appena terminata vengono riflesse nello specchio di Yama e pesate sulla bilancia del demonio che gli è accanto. Se le attività negative superano quelle positive, lo sfortunato essere viene condotto a subire l'estrema calura, il gelo, la prigionia, il dolore lancinante e gli altri terribili tormenti di questo angoscioso stato di esistenza.
E' importante rammentare che malgrado ciò che viene tanto vividamente e drammaticamente raffigurato, le esperienze dolorose di questo e degli altri reami non sono punizioni inflitte da un agente esterno. Né occorre considerare questi reami come luoghi di prigionia preesistenti, cui gli esseri sofferenti vengono condannati da qualche forza esterna. Come scrisse il grande maestro indiano Shantideva:
Chi ha creato intenzionalmente tutte le armi che tormentano chi si trova all'inferno? Chi ha creato la superficie di ferro incandescente? ... Il Buddha ha affermato che tutte questi fenomeni derivano dall'operato di una mente malvagia. Per cui all'interno delle sfere dei tre mondi l'unica cosa da temere è la mia stessa mente.
Nel caso della sofferenza infernale, le cause predominanti che conducono a sperimentare tali terribili situazioni sono il nocivo difetto mentale dell'ira furibonda, presente nella nostra mente incontrollata, e le azioni dannose, come l'omicidio, che possiamo commettere motivati da questo potente difetto mentale. Anche nel reame umano è possibile provare una piccola parte di sofferenza infernale, ad esempio quando schiumiamo di rabbia o siamo prigionieri di una angosciosa paranoia.
Alla sinistra del reame infernale viene raffigurato il reame degli spiriti famelici (sanscr. preta).l'avarizia è il principale difetto mentale che causa la rinascità ín questo luogo dove si sperimentano situazioni estremamente miserevoli.
In conseguenza di azioni negative motivate da tale difetto, gli spiriti famelici soffrono in particolare una fame e una sete insaziabili. Hanno colli sottili, spesso pieni di nodi, uno stomaco grande e cavernoso, e incontrano inoltre numerosi ostacoli nella loro ricerca di cibo e di bevande. Anche quando riescono a trovare qualcosa da mangiare, spesso terribili demoni, proiezione mentale delle loro negatività, impediscono loro di avvicinarsi al cibo. E anche quando riescono a far passare del cibo attraverso il loro sottile collo, facendolo arrivare nello stomaco, questo si trasforma in acido procurando loro unicamente un grande dolore.
Alla destra dei reami infernali si trova quello degli animali. La principale causa di rinascita in questo reame deriva dal seguire servilmente e stupidamente i propri desideri dei sensi, e sebbene le esperienze all'interno di questo reame possano essere molteplici, in generale gli animali soffrono a causa della loro scarsa intelligenza. In aggiunta, vengono cacciati e mangiati da altri animali, sono braccati e utilizzati per il lavoro pesante dagli esseri umani, devono subire il caldo e il freddo privi di alcun riparo e sono costantemente afflitti dalla fame e dalla sete. A volte capita di leggere o di venire a conoscenza di persone la cui situazione esistenziale è a tal punto degradata che pare non abbiano mai vissuto un'esistenza umana, e siano invece ridotte a livello di animali.
Nella metà superiore della ruota vengono raffigurati i tre reami superiori dell'esistenza ciclica, così definiti perché rispetto ai tre reami inferiori comportano una sofferenza meno evidente. Tuttavia anche nei reami superiori si sperimentano grandi delusioni e insoddisfazione. Alla sommità e alla destra vi sono i reami degli dei (sanscr. deva) e dei semideí (sanscr. asura), tra loro collegati e a volté raffligurati ìnsierne. Avendo compiuto in precedenza sufficienti azioni positive, gli esseri del reame dei semídei godono di un ambiente estremamente gradevole, della compagnia di attraenti compagni e di grandi piaceri sensoriali.
Tùttavia questi asura sono a tal punto divorati dall'invidia nei confronti dei superiori deva che, invece di rallegrarsi di ciò che possiedono si impegnano in una continua guerra con i deva a loro superiori (vedi immagine).
Per quanto riguarda i deva, mentre alcuni sono impegnati a difendersi dagli attacchi degli inferiori asura, altri vivono una vita fatta di continui piaceri. sensoriali. Altri ancora, a livelli superiori , trascorrono la loro lunghissima, vita in un ' assorbimento meditativo simile al sonno, non provando né piacere né dolore, immersi in un totale black-out mentale.
Queste divinità scambiano facilmente le loro esperienze per la vera liberazione dalla sofferenza. Tuttavia, non avendo eliminato dalla loro mente la fondamentale illusione dell'ignoranza,non sono realmente liberi
Alla fine, come avviene per tutti gli esseri del samsara, le cause che consentono di vivere in quel loro reame si esauriscono. Poiché la propria raccolta di energia positiva si è esaurita, anche il deva più longevo muore e, cio che è ancor peggio, inevitabilmente deve discendere in un reame inferiore.
Si afferma che l'angoscia mentale di un deva, in precedenza cosi fortunato, che prevede il suo destino in un reame inferiore sia ancor più terribile dei tormenti fisici degli esseri infernali più sfortunati.
Infine, alla sinistra dei deva si trova il familiare reame degli esseri umani.
La vita qui, come comprese tanto dolorosamente il principe Siddharta, è colma di sofferenze, a causa della nascita, della malattia, della vecchiaia e della morte, come pure per l'incertezza, l'insoddisfazione, la frustrazione, la noia e così via.
Inoltre, in questo reame i piaceri sono, effimeri e possono facilmente trasformarsi in dolore, ad esempio quando l'indulgere troppo nel mangiare provoca una indigestione.
Malgrado il loro desiderio di volere la felicità e di evitare la sofferenza, gli esseri umani vengono continuamente sviati dalla loro ignoranza, e così devono involontariamente affrontare ripetutamente gravi problemi.In termini di opportunità di crescita spirituale, tuttavia, il reame umano è in assoluto il più fortunato.
Questo perché, in generale, gli esseri umani godono di un margine di libertà non accessibile né agli esseri dei reami inferiori - colpiti costantemente dal dolore - né agli dei superiori intossicàti dal piacere .
Motitivati dalla sofferenza e dall'insoddisfazione c e sperimenfano, e dotati di vari livelli di intelligenza discriminante, gli esseri umani sono in una posizione particolarmente privilegiata per sfruttare le potenzialità della loro esistenza. In particolare, essi possono imparare a coltivare l'autocontrollo morale, la concentrazione e la saggezza della comprensione interiore, elementi necessari per eliminare le cause della sofferenza e per ottenere la liberazìone dalle ripetute rinascite nei reami dell'esistenza ciclica.
Nessuna esperienza in ognuno dei sei reami samsarici è permanente o eterna: la nostra situazione dipende totalmente dal mutare delle cause e delle circostanze. Psicologicamente parlando, possiamo elevarci dalla situazione di insoddisfazione di un preta alla condizione di beatitudine di un Deva per poidi nuovo ricadere giù in un inferno di agonia nel corso di pochi istanti .
Inoltre in qualsiasi reame dell'esistenza ciclica viviamo al momento, presto o tardi il nostro soggiorno avrà termine. L'impermarienza pervade l'intera esistenza ciclica e questo fatto viene rappresentato dal terribile Sovrano della Morte, raffigurato mentre afferra la Ruota della Vita, tenendola tra le zanne e gli artigli.
Secondo gli insegnamenti di Buddha Sakyamuni, la morte non è l'annichilimento o l'estinzione totale, come alcune persone erroneamente ritengono.
Essa segna invece semplicemente la transizione tra una vita e quella successiva. La mente stessa è un continuum di coscienza privo di inizio che passa da una vìta all'altra e da un corpo all'altro allo stesso modo in cui un viaggiatore trasloca da un albergo all'altro.
E proprio come nel corso della nostra vita sperimentiamo costantemente gli alti e i bassi , provando alternativamente piacere e dolore secondo il mutare delle situazioni , allo stesso modo passiamo da una vita a quella successiva in base al maturare delle impronte depositate nella nostra mente dalle azioni positive o negative che abbiamo compiuto
Tra il termine di una esistenza e l'inizio di quella successiva vi è lo stato intermedio (tib. bardo), raffigurato nella Ruota della Vita nel cerchio metà nero e metà bianco posto tra il mozzo dei tre difetti mentali e le varie sezioni che raffigurano i sei reami dell'esistenza condizionata.
Lo stato del bardo è simile a un sogno, che avviene tra il sonno della morte e il risveglio della rinascita successiva, e in questo dipinto vengono raffigurati sei esseri del bardo nelle forme che essi assumeranno dopo che si saranno risvegliati nei loro futuri reami di rinascita." Per cui a sinistra sono raffligurati un futuro essere umano, un asura e un deva che salgono verso ii reami superiori , mentre a destra vediamo un futuro animale, un preta e un essere infernale mentre discendono verso i reami inferiori.
Il particolare processo mediante il quale gli esseri vengono spinti dalla loro ignoranza a passare da un reame superiore a uno inferiore viene raffigurato nel bordo esterno della Ruota della Vita.
Il bordo è diviso in dodici segmenti, ognuno dei quali corrisponde a un 'anello' della catena dell'origine dipendente. Partendo dal primo in alto a destra, i dodici anelli e le loro immagini simboliche sono i seguenti:
(1) l'ignoranza: una persona vecchia e cieca
(2) azioni compositive: un vasaio che fabbrica vasi
(3) coscenza: una scimmia che si arrampica su e giù da un albero
(4) nome e forma: un uomo che rema su una barca
(5) seífonti: una casa vuota con cinque finestre
(6) contatto: un uomo e una donna abbracciati
(7) sensazione: un uomo colpito a un occhio da una freccia
(8) bramosía: un uomo che beve alcool
(9) attaccamento: una scimmia che afferra un frutto
(10) esistenza o divenire: una donna incinta sul punto di partorire
(11) nascita: un bambino che nasce
(12) invecchiamento e morte: un uomo che trasporta un cadavere
Un'approfondita analisi di questi dodici anelli va oltre la portata di questo libro, tuttavia possiamo fornirne una breve spiegazione, per quanto riguarda la rinascita nel reame umano. (Si noti che per esigenze di semplicità, l'ordine seguito nella spiegazìone varierà leggermente rispetto all'ordine dell'elenco.)
In una vita passata, sotto la pervasiva influenza dell' (1) ignoranza riguardo la natura della realtà, siamo stati motivati a preservare e difendere la presunta esistenza intrinseca del nostro Io. Per cui abbiamo compiuto una grande varietà di (2) azioni , positive e negative, che hanno depositato numerose impronte mentali, o istintive potenzialità karmiche, nella nostra (3) coscienza. Alcune di queste azioni sono state sufficientemente costruttive o positive da depositare potenzialità per una futura rinascita umana.
Mentre la vita passata si avvicinava al suo termine, abbiamo provato una grande insicurezza e un'intensa paura di morire. La nostra identità l'Io si è trovata di fronte alla minaccia d'estinzione, per cui abbiamo provato bramosia e attaccamento, sia per il corpo che eravamo sul punto di lasciare sia per il nuovo corpo che avrebbe sostituito quello che eravamo costretti ad abbandonare.
A causa di tale bramosia e attaccamento sorti al momento della morte, alcune impronte mentali depositate nella nostra coscienza sono maturate a scapito di altre, e tale processo di maturazione è culminato alla fine nell'esistenza , la decisiva azione mentale ha fatto in modo che la nostra coscienza morente rinascesse in un'altra esistenza umana.
Poiché questa azione decisiva causa l'avvento di un'altra vita, essa riceve il nome dal suo risultato finale e viene definita esistenza o a volte divenire.)
Durante il processo della morte la nostra coscenza diventa sempre più sottile e infine si è separata dal corpo, e quindi è entrata nello stato intermedio o bardo. Sospinta dai venti del proprio karma, la nostra mente ha sperimentato delle visioni simili a quelle di un sogno , di rigetto e di attrazione, sino a quando non si è imbattuta in una coppia di esseri umani dotati delle necessarie connessioni karmiche per diventare i nostri genitori, Il nostro continuum mentale di nuovo è diventato sempre più sottile e alla fine è entrato in contatto con l'unione di sperma e ovulo dei nostri futuri genitori.
Il concepimento ha segnato la nostra nascita nel reame umano, come pure l'inizio del nostro sviluppo embrionale che inizia con nome e forma. ( Nome si riferisce al nostro flusso di coscenza che racchiude in sé varie impronte mentali e potenzialità del passato, mentre forma si riferisce alla base da cui si svilupperà il nostro corpo fisico - l'uovo fecondato stesso).
Mentre ci trovavamo ancora nel grembo materno, si sono sviluppate le sei fonti , le cinque facoltà sensoriali più la coscienza mentale che hanno condotto al contatto con gli appropriati oggetti di senso. Tutto ciò alla fine ha provocato le nostre prime sensazioni di piacere, dolore e indifferenza riguardo tali oggetti, in quanto effetto maturante di passate azioni positive, negative o neutre.
Dal concepimento in poi iniziamo a invecchiare, subendo i vari cambiamenti e sofferenze comuni alla condizione umana, per cui alla fine sperimentiamo l'invecchiamento e infine la morte. Mentre la nostra futura morte segnerà il completamento della catena dei dodici anelli, nel contempo abbiamo iniziato a forgiare innumerevoli nuove catene continuando, nel corso della vita, a depositare impressioni nella nostra coscienza e impegnandoci in ulteriori azioni motivate dall' ignoranza. In tal modo rimaniamo legati al ciclo della continua esistenza insoddisfacente, noto come samsara, termine che letteralmente significa 'vagare' o 'girare in tondo'.
Sino a quando noi e gli altri esseri imprigionati nel samsara non avremo eliminato l'ignoranza sviluppando la penetrante saggezza, condanneremo noi stessi a migrare incessantemente da un insoddisfacente reame dell'esistenza all'altro. Tuttavia, anche se questo ricorrente ciclo di morte, rinascita e perpetua insoddisfazione è stato definito Ruota della Vita, abbiamo la possibilità di vivere un altro tipo di esistenza, una che si trova al di fuori di questo circolo vizioso.
Essa è rappresentata negli angoli superiori del dipinto dalla figura di un buddha un essere che si è pienamente risvegliato dall'incubo dell'ignoranza che in piedi indica la luna simbolo del conseguimento del nirvana, la totale eliminazione di ogni illusione e sofferenza.
Per cui, come la Ruota della Vita rappresenta le prime due nobili verità della sofferenza e delle sue cause, le figure esterne alla Ruota rappresentano le altre due nobili verità: la cessazione della sofferenza e il sentiero dello sviluppo spirituale che conduce a tale cessazione.
Citiamo infine le strofe che Sakyamuni appose sotto il primo diagramma della Ruota della Vita, che ebbero tale profondo effetto sull'amico di re Bimbisara. Esse affermano: Compiendo il positivo e abbandonando il negativo, metti in pratica l'insegnamento del Buddha.
Come un elefante in una casa fatta di paglia, distruggi le forze del Sovrano della Morte.
Chiunque con coscienziosità pratica questa dottrina di disciplina abbandonerà la ruota della vita, estinguendo ogni sofferenza.
In questi versi il Buddha spiega che se ci impegniamo con sufficiente sforzo nei tre addestramenti della disciplina etica, della concentrazione e della saggezza, come vengono illustrati nel Dharma, anche le sofferenze più terribili del samsara potranno essere completamente e definitivamente eliminate.
Poiché le fonti di ogni sofferenza l'ignoranza e gli altri conseguenti difetti sono totalmente prive di esistenza intrinseca, il praticante ben addestrato potrà facilmente sconfiggere il Sovrano della Morte, proprio come un possente elefante distrugge una fragile capanna d'erba.

Perché si dovrebbe praticare la Meditazione?

"...Vi sono diversi livelli di comprensione: con l’ascoltare gli insegnamenti Buddisti si sviluppa la ‘comprensione dell’ascolto’; riflettendo su questi insegnamenti si sviluppa la ‘comprensione della contemplazione’. Queste due comprensioni non sono sufficienti a sviluppare la piena comprensione, perché si deve rivolgere la propria mente all’interno per ottenere la comprensione che deriva dalla meditazione. Anziché focalizzare la propria mente all’esterno, come si fa quando si ascoltano gli insegnamenti, per sviluppare la ‘comprensione meditativa’ si deve focalizzare la propria attenzione rivolta all’interno della mente stessa. Non c’è molto beneficio nel focalizzare la propria mente all’esterno (come si è abituati a fare nello stato ordinario), perché la mente viene imprigionata dai klesha (abitudini mentali fuorvianti) ed il solo modo per liberarsi dalla schiavitù dei klesha, è di rivoltare la propria mente all’interno per mezzo della meditazione..."

La storia del lignaggio Shangpa Kagyu

Un copia incolla ben articolato di una sezione dei un sito di un mio punto/luce di riferimento: Luigi 
Con la parola lignaggio s'intende una linea di trasmissione continua degli insegnamenti del Buddha e dell'esperienza Risvegliata che ha come origine il Buddha stesso. Un lignaggio per essere autentico e completo deve trasmettere i mezzi che permettono di "rifare" l'esperienza Risvegliata, di farla "rivivere" così come l'ha vissuta  il suo fondatore. Così come una luce  può accendersi solo se non c'è nessuna interruzione tra essa e la centrale elettrica da  cui parte la corrente, così un lignaggio per essere autentico non deve essere stato interorotto dal ego di qualche suo praticante che non ha permesso di trasmettere l'insegnamento autentico. Fortunatamente per il lignaggio Kagyu la corrente non si è interrotta e l'insegnamento è passato in modo può come oro colato da guida a discepolo , arrivando fino a noi.
La particolarità del lignanggio Shangpa Kagyu è che essenzialmente un lignaggio di yoghin. La sua ricchezza si è potuta mantenere pura nei secoli grazie al fatto che tale lignaggio si è tenuto sempre lontano dalle istituzione monastiche e dalle lotte di potere.
Possiamo dire che all'origine di questo lignaggio si colloca la figura di Khyungpo Neljor un grandissimo yoghin  tibetano che, poco dopo il mille a.C.  si recò più volete in India a ricevere direttamente gli insegnamenti dai grandi maestri indiani come Maitripa, Rahula, Vajrasana  e sopratutto le due dakini Niguma e Sukhasiddhi. La parola dakini indica realizzate femminili, ma anche il modo con cui l'esperienza Risvegliata si attiva per aiutare il praticante nel suo sentiero e in particolare per aiutarlo a superare determinati ostacoli. A loro volta le due Dakini Sukhasiddhi e Niguma avevano ricevuto , in visione, insegnamenti direttamente dal Buddha Vajradhara.   Quest'ultimo aveva indicato che durante le prime sette generazioni i detentori de lignaggio , Esso stesso compreso, avrebbero dovuto ricevere le trasmissioni in maniera confidenziale e personale.
Con Sanghye Tongpa(XIII° SEC) il quinto detentore tibetano del lignaggio, il settimo dal Buddha Vajradhara si avverti il bisogno di trasmettere questi insegnamenti in modo più diffuso: essi furono messi per iscritti dai sui successori.
Con il settimo gioiello Khedrup Tsangma Shangten(1234-1309) si forma il nodo del lignaggio detto lontano. Esso si è mantenuto puro fino ai nostri giorni senza interruzione, passando nel XIV°sec, per Taranatha , per convergere nel XIX°  in Jamgon Kongtrul Lodro Thayè.
Un altra particolarità del lignaggio Shangpa Kagyu è che si è diffuso all'interno delle altre scuole del Dharma in Tibet.  Nel quadro della scuola Kagyu i principali eredi spirituali sono Kalu Rimpoche che ha trasmesso l'insegnamento a Bokar Rimpoche(defunto nel 2004) e Lama Denys Tondrup Rimpoche che è l'attuale detentore del lignaggio e Vajarcharya. Qui di sotto l'albero del lignaggio Shangpa Kagyu che può fungere da supporto per ricordare i nomi delle guide più importanti del lignaggio.

Il samsara e i suoi problemi

Luoghi, amici gioie, i beni posseduti
e altre cose del samsara sono sempre rovinati
dalle tre forme di malessere.
Considerandole come lo spettacolo
di un boia cbe mi conduce al patibolo,
libero da attaccamento,
energicamente mi eserciterò per ottenere il risveglio.
(IX Karmapa, Testo di Ngöndro)





A causa del nostro karma che porta a maturare certe esperienze, il ciclo dell’esistenza condizionata continua a girare. Questo è il samsara. Azioni e karma si sommano ed attraverso questo le esperienze si manifestano.
Quando le azioni positive sono predominanti si sperimenta un esito più o meno gioioso. Quando prevalgono le azioni negative, si sperimenterà soprattutto sofferenza. Dunque, a qualunque regno di esistenza si pensi, scopriremo che la sofferenza e l’illusione sono uniche e medesime. Si può paragonare il samsara al restare seduti su di un ago. Non vi è un solo istante privo di sofferenza.
E' essenziale aver ben presente la realtà della sofferenza per comprendere nel modo più corretto ciò che accade intorno a noi.
Se siamo veramente consapevoli dell'oceano di sofferenza del samsara,le sue affascinanti sembianze non ci attireranno più. Possiamo, quanto a queste, essere liberi dall'attaccamento, come per lo spettacolo dato in onore di un'esecuzione capitale, dove il condannato siamo noi! Non pensiamo mai abbastanza che dipendiamo gli uni dagli altri: sul semplice piano materiale, siamo tutti interdipendenti per le nostre necessità
quotidiane, ed è per questo che siamo in debito con tutti gli esseri.
Prendendo coscienza profondamente del fatto che tutti gli esseri aspirino alla felicità, ma che soffrono in mille mocli, possiamo sviluppare veramente la bodhicitta.
Se saremo consapevoli del malessere e della sofferenza onnipresenti, cresceranno l`amore e la compassione, e faremo del nostro meglio per progredire il più in fretta possibile verso lo stato di buddha per ottenere le qualità che consentono di dare sollievo a tutti gli esseri senzienti.
I quattro pensieri che orientano la mente fuori dal samsara sono per noi molto importanti. 
Molti maestri antichi dissero: "le quattro pratiche preliminari sono più profonde delle pratiche principali". Per il proprio sviluppo nel Dharma la pratica è estremamente importante per avere il tempo di realizzare una comprensione di queste visioni fondamentali.
Sopra questa solida base si può essere in grado di far sorgere la realizzazione. Se non dedicassimo il tempo necessario a costruire fondamenta potenti, sarebbe difficile raggiungere i risultati desiderati  E’ come la costruzione di un edificio: senza buone fondamenta la casa potrebbe facilmente crollare. 
Abbiamo un certo grado di libertà in quanto siamo in grado di discriminare tra azioni buone e dannose. Siamo in grado di abbandonare la negatività e concentrarci sulle azioni positive. Se praticheremo un’attitudine proficua in questa vita, potremo raggiungere lo stato di liberazione dal samsara.Se, al contrario, non ci impegneremo in azioni positive o nella pratica del Dharma e continueremo ad agire negativamente, otterremo il risultato corrispondente e non saremo in grado di affrancarci dal samsara.
Continueremo con l’eterno ciclo delle rinascite in uno stato di esistenza o nell’altro.
Per questa ragione dobbiamo veramente essere consapevoli della grande opportunità qui e ora e fare tutto il nostro meglio per usarla finché possiamo.
Prendiamoci il tempo per studiare il Dharma e per praticare e non scoraggiatmoci mai nella nostra pratica del Dharma.

Il karma causa e conseguenze

Da morti, non siamo liberi:
il nostro karma ci possiede.
Dunque, abbandonerò le azioni negative
e continuamente mi dedicherò alle azioni positive.
Pensando cosi ogni giorno, esamino la mia mente.
(XIX Karmapa, Testo di Ngöndro)


 
Il karma ha a che fare con la causalità.
Un’azione precisa conduce ad un preciso risultato. Un gesto positivo porterà ad un esito di natura positiva, quindi, un’esperienza di felicità e gioia.
D’altro canto, un’azione negativa avrà inevitabilmente un esito doloroso. Certamente causerà sofferenza. Ciò avviene da sé, perché l’effetto corrisponde inevitabilmente alla natura della causa. Per esempio se pianti un seme, da esso nascerà una certa specie di pianta. Da un seme di riso, crescerà una pianta di riso e nessun’altra specie.
Per questo è così importante essere attenti e fare tutto il meglio possibile per i gesti apparentemente insignificanti, per rafforzare il comportamento positivo.
Le tendenze dominanti nella nostra mente saranno le prime a dare frutti. Se sono caratterizzate da generi di comportamento negativi, per primo sperimenteremo questa negatività ed essa dominerà la nostra vita. Proveremo pena e non saremo felici. Ciò esacerberà i nostri problemi perché non sapremo cavarcela bene nella vita e avremo ancora più preoccupazioni. Se, al contrario, rafforzeremo un comportamento positivo e utile, la nostra gioia e il nostro benessere cresceranno e diverranno l’esperienza prevalente.
Ciò accresce la nostra capacità di rafforzare un comportamento positivo.
Ognuno ha forti turbamenti nella propria mente, tra i quali i più dannosi sono l’attaccamento, la rabbia e l’ignoranza. Sulla base di queste emozioni perturbatrici, sorgono poi un’infinita quantità di altre emozioni disturbanti nella mente. Esse influenzano le nostre azioni e conducono a molte altre attività negative.
Nella situazione attuale le emozioni perturbatrici sono dominanti e producono attività fisiche, verbali e mentali attraverso cui accumuliamo karma negativo.
Parlando in generale, esistono molte attività negative, ma esse si dividono in diverse categorie. Tre hanno a che fare con il corpo: uccidere, rubare e causare sofferenza sessuale. Quattro concernono la nostra parola: la menzogna, la maldicenza, parole di discordia, discorsi oziosi.Tre azioni negative della mente sono la malevolenza, l’invidia ed il coltivare convinzioni errate.
Queste dieci azioni negative devono essere evitate ad ogni costo. Nel contempo, ci si deve impegnare all’opposto in dieci atteggiamenti positivi che siano il contrario dei precedenti.

L'impermanenza e la morte

Il mondo e gli esseri sono impermanenti.
In particolare, la vita del corpo è come una bolla d'acqua.
Incerto è il momento del trapasso,
e, morto, il corpo diventa un cadavere.
Affinchè il Dharma possa allora aiutarmi
lo praticherò con energia. (IX Karmapa, Testo di Ngöndro)

 

Il secondo dei quattro pensieri tratta dell’impermanenza. Vi sono molti modi per una vita umana di concludersi prima di morire di vecchiaia. Una lampada a olio consiste in un contenitore con dell’olio e uno stoppino. Quando la lampada è piena fino all’orlo e lo stoppino non è ancora acceso, ciò corrisponde alla situazione di una persona non ancora nata. Una lampada che ha esaurito completamente il carburante corrisponde ad una persona morta di vecchiaia. Tra queste due condizioni vi è un enorme numero di possibilità. Vi sono infatti molte più condizioni che possono causare la morte di quante possano sostenere la vita. La nostra vita può essere paragonata ad una goccia di rugiada sull’erba: è molto fragile e appena spunta il sole evapora.
La vita è preziosa non solo perché è così difficile da ottenere, ma anche perché è così facile perderla. Il corpo umano ha molte possibilità, ma una è certa: la morte. Incerto è, tuttavia, l’esatto momento in cui verrà. Non segue alcuna regola. I bambini non necessariamente sopravvivono ai loro genitori. Gli insegnanti non necessariamente muoiono prima dei loro allievi. Anche se la gente oggi apprende questo dalla propria esperienza, sembra ancora pensare che sia normale per i bimbi vivere più a lungo dei genitori. Tuttavia se ci diamo uno sguardo attorno e consideriamo la nostra esperienza, concluderemo che tutto ciò non è predeterminato.
Sebbene una persona abbia la fortuna di essere ancora viva, non è affatto scontato che debba continuare ad esserlo. Il momento della propria morte può giungere a qualsiasi ora.
Ecco il problema della vita: è così facile da perdere, facile da distruggere.
Al momento della morte ciascuno è comunque solo per quanto possa essere legato alla propria famiglia, per quanti fratelli e sorelle possa avere, per quanti cari e veri amici possieda. Essi non possono accompagnarci o aiutarci nel momento della morte. Anche le cose materiali che sembrano così importanti, per quanto denaro avremo accantonato, per quanto grande e bella possa essere la nostra casa o la nostra auto, non potremo portare nulla di tutto ciò con noi alla morte.
Ciò avviene anche per ciò che abbiamo di più intimo e caro, il nostro corpo. La nostra ombra ci ha accompagnato attraverso l’intera vita. Non dovevamo portarla con noi, né preoccuparci che ci fosse o non ci fosse: c’era, automaticamente. Ma persino la nostra ombra non ci accompagnerà in punto di morte.
La sola cosa che realmente conterà al momento della morte sono le impressioni che abbiamo raccolto nella nostra mente. Entrambe le impressioni positive e negative ci accompagneranno, che lo vogliamo o no. Non è possibile trattenere solo le sensazioni positive e lasciare quelle fastidiose dietro di noi. Queste impressioni determineranno lo stato della mente. Determineranno la nostra esperienza della morte e il tempo seguente.
Se avremo accumulato molte esperienze positive nella mente, sperimenteremo l’effetto appropriato.
Sperimenteremo una grande gioia e non incontreremo la sofferenza collegata alle attitudini negative. Tuttavia, se le impressioni negative sono maggiori nella nostra mente, esse segneranno la nostra esperienza che sarà di dolore e sofferenza.
Dobbiamo esserne consapevoli: nulla può aiutarci per la nostra morte e ciò che segue, se non ciò che abbiamo vissuto.

martedì 5 ottobre 2010

La preziosa esistenza umana

La preziosa esistenza umana
La prima cosa sulla quale bisogna meditare
è la nostra preziosa esistenza umana, libera e ben dotata,
difficile da ottenere e facilmente dstrutta.
Ora le darò un senso. (IX Karmapa, Testo di Ngöndro)


Si parla di "preziosa esistenza umana" riferendosi alla preziosità dell’umana esistenza, che è molto difficile da ottenere. Essa ha un grande valore in quanto è dotata di alcune libertà e abilità.
Avere un’esistenza umana ha un grande valore perché significa aver evitato altre forme di rinascita che ci porterebbero di fronte a situazioni completamente diverse da quelle del regno umano.
In altre forme di esistenza non si sperimenta altro che sofferenza. Non si sperimenta libertà non avendo possibilità di praticare il Dharma.
Possedere la "preziosa esistenza umana" non significa solo avere evitato questi stati dolorosi di esistenza, ma anche avere a disposizione alcune abilità.
Tutti noi abbiamo avuto una nascita definibile "preziosa". Ciò non è facile da ottenere, anzi è estremamente difficile perciò è possibile che ciò sia l’esito dell’aver accumulato un enorme potenziale positivo e un ottimo karma nelle vite precedenti.
Dovremmo ricordare che abbiamo questa preziosa esistenza perché abbiamo accumulato un grande potenziale positivo e purificato le nostre menti da molti veli oscuratori. Proprio ora stiamo godendo i risultati di tutto questo, ma è importante usare questi esiti nel modo migliore e più sensibile possibile, altrimenti li staremo soltanto sprecando. Sarebbe come avere intrapreso un viaggio unicamente per procurarci qualcosa e tornassimo invece a mani vuote; o come se portassimo un secchio vuoto per raccogliere dell’acqua e tornassimo con il secchio ancora vuoto. In entrambi i casi un viaggio sprecato.
Dobbiamo inoltre impegnarci per ottenere il massimo dalla nostra fortunata situazione e non disperderla inutilmente.
Riempire la propria vita di significato significa praticare il Dharma e tutti i diversi metodi che il Buddha insegnò. Il Buddha trasmise un numero così grande di metodi che non è possibile ad una persona praticarli tutti. Perciò ciascuno dovrà praticare i metodi che corrispondono alle proprie capacità.
Relativamente alla pratica non si deve mai pensare che sia vano iniziare perché non si riesce a fare molto. Ognuno deve praticare quanto può, di qualunque quantità sia capace.